Il vescovo, le missioni e i bambini
Giornata speciale a Boccaleone

Non servono tante parole per spiegare ad un bambino cosa vuol dire essere missionario. All'86° Convegno missionario diocesano, che si è tenuto domenica nella parrocchia di Boccaleone, c'è chi ha trovato altri strumenti per aiutare i circa 700 bambini e ragazzi a capire meglio questa parola.

È bastato agli animatori dei gruppi aprire davanti ai loro occhi l'ipotetica valigia di un missionario, trovarvi dentro una Bibbia, alcuni strumenti musicali, un planisfero o una bussola e svelare che sono la fede e la gioia a guidare i loro passi.

Il vescovo monsignor Francesco Beschi è ricorso invece a una ginnastica originale. Durante la celebrazione eucaristica, con i più piccoli seduti sulle gradinate e in terra lungo le navate, il vescovo li ha invitati ad eseguire alcuni semplici esercizi con gli occhi. «Occhi in alto!» perché senza Dio non c'è missione. «Occhi che puntano lontano!» per abbracciare tutta l'umanità. «Occhi in basso!» per guardare il cuore, perché non c'è missione senza amore. «Occhi a sinistra e a destra» per accorgerci di chi ci sta vicino. «Occhi negli occhi di un altro» per trovarvi un pezzettino di Dio.

La giornata del convegno ha messo i bambini in movimento, nei laboratori e nei giochi, e per loro hanno parlato più i gesti che le parole. Gesti che li hanno visti protagonisti durante la Messa nella chiesa parrocchiale, con le mani tese in alto verso la croce, con le mani sul volto, con le braccia tese gridando «Ci sto!» alla richiesta di impegno missionario a loro rivolta.

«Segno particolare: missionario. Profeti nella missionarietà» era il titolo del convegno. «Tutti siamo chiamati a essere piccoli profeti in uno stile di umiltà e semplicità, nello spirito di sacrificio e di letizia», ha detto suor Ritafranca Vezzoli, Madre Provinciale delle Suore delle Poverelle durante la meditazione del mattino.

Il vescovo ha evidenziato tre segni di missionarietà: il gruppo missionario, la simpatia nei confronti del mondo e le scelte che si compiono come gruppo e come Chiesa. «La vita di un gruppo missionario - ha spiegato - deve nutrirsi di ciò di cui si nutre la comunità cristiana: della Parola di Dio, dell'Eucaristia e della fraternità».

Taglienti e decise sono state le parole di chiusura sul tema delle scelte, dove il vescovo ha spronato a scrollarsi di dosso la quieta tranquillità che impedisce di crescere. «Oggi le scelte ci chiedono di metterci in discussione, di non dare per scontato ciò che si è acquisito». Leggi di più su L'Eco di lunedì 22 marzo.

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