«Bullette» sul bus picchiano 15enne
Maggiorenne condannata a 20 mesi

Se non si tratta di una vera e propria baby-gang al femminile, è senz'altro qualcosa che ha a che fare col bullismo «rosa» ciò che è accaduto nel novembre scorso ai danni di una studentessa di 15 anni, secondo l'accusa picchiata e insultata da un gruppo di ragazze che da lei pretendeva 200 euro.

Una vicenda nata tra le mura di un istituto superiore della città, esplosa su un pullman di linea e sfociata ieri in una condanna davanti al gup Vittorio Masia. Che, in abbreviato, ha punito l'unica maggiorenne coinvolta nel fattaccio. Il giudice ha inflitto un anno e otto mesi (pena sospesa) a M. I. S., 19 anni, di Cividate, accusata di tentata estorsione, violenza privata, lesioni e ingiurie. Con lei, stando alle contestazioni, avrebbero agito anche la sorella minorenne e altre 5 studentesse (all'epoca dei fatti tutte comprese fra i 14 e i 17 anni d'età), delle quali s'è occupato il tribunale dei minori di Brescia.

Vittima delle presunte angherie, un'adolescente di Sant'Omobono Terme, che per il pm sarebbe stata oggetto delle vessazioni delle compagne d'istituto, una scuola superiore situata in via Gleno. L'episodio clou sarebbe accaduto il 13 novembre alle 13,15, sul pullman Atb della linea 7, che da via Gleno stava portando le ragazze alla stazione Autolinee. Stando alla ricostruzione degli inquirenti, il gruppo di ragazze avrebbe costretto la quindicenne a scendere dal bus prima ancora che questo arrivasse a destinazione. Per il pm Lucia Trigilio (che ieri ha visto accolta in pieno la sua richiesta di condanna), le «bullette» lo avrebbero fatto per potersi sfogare più liberamente nei confronti della propria vittima: fossero, infatti, rimaste sul pullman, c'era il rischio che intervenissero gli altri passeggeri o l'autista. Invece, costringendo la ragazza a scendere, ragiona l'accusa, avevano avuto campo libero.

La quindicenne, una volta in strada, era stata aggredita. Per il pm le altre l'avrebbero schiaffeggiata, graffiata al collo e al ventre, tirata per i capelli e sbattuta contro la ringhiera di un'abitazione. La ragazza aveva riportato lesioni al capo: s'era fatta medicare al pronto soccorso, da dove era stata dimessa con 4 giorni di prognosi. La quindicenne, per l'accusa, sarebbe stata anche insultata e minacciata: le altre avrebbero tentato di costringerla a consegnare 200 euro.

La studentessa aveva raccontato la disavventura ai genitori, che erano corsi dai carabinieri a denunciare l'episodio. Era così stata aperta un'inchiesta, durante la quale erano state adottate misure cautelari nei confronti della diciannovenne (obbligo di presentazione ai carabinieri, poi revocato prima ancora di arrivare in udienza preliminare). Ieri l'avvocato difensore aveva chiesto per M. I. S. l'assoluzione, riducendo l'episodio a una cosa fra adolescenti. Il gup Masia invece ha ritenuto la questione decisamente più grave, e lo ha espresso con condanna severa.

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