La bimba nata invalida ai Riuniti
Scambio di accuse tra le parti

Da una parte la pesante accusa di un padre (una lite in sala parto ha contribuito a far nascere mia figlia totalmente invalida), dall'altra la secca smentita di ostetrici e ginecologi (le condizioni della bambina non sono imputabili a un contrasto tra medici).

In mezzo la piccola Samanta, 8 mesi proprio oggi, nata cieca, incapace di deglutire il cibo e con un gravissimo ritardo psicomotorio che le segnerà inesorabilmente il proprio futuro. Il tutto causato da una ipossia che ha colpito il feto al momento di venire alla luce, quando cioè l'improvvisa rottura dell'utero della madre - Albana Zekaj, 31enne albanese - ha impedito l'afflusso di ossigeno al cervello della piccola. Il taglio cesareo cui la mamma è stata tardivamente sottoposta – per colpa dei medici, secondo i familiari; per colpa dei familiari, secondo i medici – non è infatti riuscito ad evitare il peggio: Samanta è nata priva di qualsiasi parametro vitale, poi recuperati grazie all'instancabile lavoro dei medici della Patologia neonatale.

A stabilire cosa sia successo la sera del 30 gennaio scorso in una delle sale parto degli Ospedali Riuniti sarà ora la magistratura di Bergamo, che già il 17 febbraio scorso aveva aperto un fascicolo contro ignoti per lesioni colpose gravi a seguito di una denuncia presentata dal legale della donna, Roberto Trussardi. Nell'esposto, nelle mani del pm Giancarlo Mancusi, si contestano visite e accertamenti diagnostici viziati da errori da parte dei medici, errori cui avrebbe contribuito anche una lite tra due operatori in sala parto al momento di decidere il «cesareo».

Secondo la denuncia del marito – Saimir Zekaj, 38 anni, albanese, da 16 anni in Italia, operaio all'inceneritore della Rea di Dalmine, dove vive da tempo – la donna avverte le prime doglie il 28 gennaio e si presenta ai «Riuniti» dove viene ricoverata: le analisi e l'ecografia sentenziano che mamma e feto stanno bene e si decide che la mattina successiva si sarebbe proceduto all'induzione del parto sottoponendo Albana al trattamento farmacologico con prostaglandine. Il marito sostiene che per la moglie le ore passano tra fortissimi dolori ma che nessuno l'assiste e che i medici si limitano solo a dirle di «spingere».

Sempre secondo la denuncia, il giorno successivo – il 30 gennaio – la donna, in preda a fortissimi dolori, perde sangue e liquido amniotico. Le due dottoresse che la visitano – racconta Saimir Zekaj – si mettono anche a discutere tra loro («un paio di minuti» dice in un'intervista rilasciata a una tv locale): una vorrebbe eseguire subito il «cesareo», l'altra invece preferirebbe rimandare ancora. La discussione, secondo Zekaj, finisce con la prima che dice alla collega «allora ti arrangi te, perché questa signora deve fare il "cesareo"» e se ne va sbattendo la porta. Al cambio del turno, i medici portano la donna in sala parto e procedono con il «cesareo», ma succede quel che succede.

Di tutt'altro tenore la ricostruzione degli Ospedali Riuniti che smentiscono seccamente «che si sia mai verificato un litigio tra coloro che hanno assistito la paziente» e annunciano di aver già dato mandato ad un legale per tutelare l'immagine e l'onorabilità dell'azienda ospedaliera e dei propri medici.

«La signora – si legge in una nota dell'ospedale – è stata ricoverata nella serata del 28 gennaio e assistita correttamente per tutta la degenza. Le ecografie e i costanti monitoraggi dei parametri fetali hanno evidenziato una situazione regolare sia per il feto che per l'andamento del travaglio. Il monitoraggio, eseguito in continuo, alle 20 ha evidenziato sofferenza fetale e il medico di guardia ha deciso per un cesareo in emergenza. Solo una volta ottenuto il consenso della donna, che in un primo momento si era opposta all'intervento, i medici hanno potuto procedere e alle 21 la bambina è nata gravemente asfittica. Non risulta al momento che vi sia alcuna indagine in corso, ma una semplice richiesta di documentazione da parte del legale della famiglia. Infine è inesatta la notizia che in seguito al parto la paziente abbia perso l'utero. Pur capendo il dolore della famiglia, l'azienda ospedaliera smentisce quindi fermamente che le condizioni della bambina siano imputabili a un contrasto fra gli operatori».

Successivamente, dopo aver ascoltato le dichiarazioni rese alle tv dal padre della piccola, i «Riuniti» hanno ribadito «che non c'è stata alcuna lite fra medici. Tutti i referti testimoniano la continua vigilanza e la pronta decisione dei medici ad intervenire con il cesareo quando questo si è reso necessario. L'intervento non è stato eseguito immediatamente per il tardivo consenso dei genitori. A riprova della volontà di massima trasparenza, l'Azienda ospedaliera ha offerto al sig. Zekaj la massima disponibilità a chiarire la vicenda; è stata immediatamente avviata un'istruttoria interna e la Direzione ha nominato una Commissione, di cui farà parte anche un rappresentante individuato dalla Direzione Sanità regionale. Attendiamo a questo punto che la magistratura proceda celermente a fare chiarezza, a tutela dell'azienda ospedaliera e degli operatori che ogni anno fanno nascere 4.300 bambini, molti dei quali al termine di gravidanze difficili, rispondendo alle famiglie che si rivolgono al nostro centro anche da fuori regione».

In tarda serata controreplica di Trussardi, legale degli Zekaj: ribadisce tutte le accuse, sostiene che i genitori non si opposero al cesareo («ma solo chiesero spiegazioni riguardo al cambio di opinione dei medici»), accusa l'ospedale di leggerezza negli esami eseguiti alla madre prima del parto e di non aver mostrato attenzione verso la famiglia, elogia invece il comportamento dei medici della Patologia neonatale.

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