Questore vicario: «Mafia in città?
Purtroppo non ne siamo immuni»

«La provincia di Bergamo non è certo immune dal rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata, occupata a fare business attraverso gli investimenti e la tanta liquidità disponibile soprattutto in tempi di crisi. Il Nord è centro d'affari di un'industria che tira e con realtà a volte complici e conniventi».

Lo ha sottolineato senza mezzi termini Francesco Messina, Questore vicario di Bergamo e primo dirigente della Polizia di Stato, che a Sarnico, al Centro culturale Sebinia, è intervenuto a una serata da tutto esaurito. Il tema? «Mafia: dal Sud al Nord».

Pur non addentrandosi nella vicenda Maroni-Saviano, Messina, che è anche ex Capo della Squadra mobile di Milano e vicedirigente della Criminalpol, ha esposto il suo parere di esperto senza indecisioni: «L'infiltrazione delle mafie delle regioni del nord è una realtà purtroppo evidente, in particolare in Lombardia e Piemonte».

«Chiaramente vi sono situazioni diversificate e di differenti gravità. Anche Bergamo può calamitare attenzioni di mafia e 'ndrangheta, è compito degli investigatori e degli organi competenti mantenere alta la guardia affinché siano verificati i sospetti e scongiurati pericoli di infiltrazioni nelle opere pubbliche. Che non mancano».

Ricordando le sue esperienze investigative Francesco Messina ha proseguito: «Non dimentichiamoci che il superlatitante di mafia Gaetano Fidanzati, don Tanino, boss del narcotraffico e capo della famiglia Arenella, si nascondeva a Parre, tranquillo paese della Val Seriana». E poi le indagini negli anni '90, «con l'intricata vicenda di 'ndrangheta che vide protagonista a Milano la cosca dei Morabito di Africo, con ispezioni in locali e cantieri bergamaschi».

Infiltrazioni che trovarono conferme nel 2009 nella nostra provincia, con una sentenza emessa dal Tribunale di Bergamo che stabilì 14 condanne per 140 anni di pena complessiva per associazione mafiosa. «Mafia, 'ndrangheta, camorra: un fenomeno criminoso il cui fatturato annuo – ha ricordato l'ex funzionario della Dia – muove un business annuo di circa 90 miliardi di euro. Una vera e propria Spa che rappresenta la prima azienda in Italia, con utili che fanno impallidire».

 La battaglia generale alle mafie prosegue, segnata da indubbi successi anche repressivi, come ha dimostrato l'arresto di questi giorni di Antonio Iovine. «Certo è – ha concluso Messina – che va rafforzata la cultura della legalità e in senso della democrazia, soprattutto nei giovani, per creare un tessuto culturale fertile al rinnovamento e capace di alzare la testa perché un futuro senza mafie è possibile».

Infine è importante il ruolo della classe politica, «che deve essere in grado di rispondere con fermezza e unità alla sfida».
Luca Cuni

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