Giovani laureati con la partita Iva
«Precari mascherati da professionisti»

Giovani e lavoro. Un binomio difficile in questo periodo di crisi. Non bastano gli studi e la preparazione per garantire il posto. Ma c'è anche un altro aspetto, quello delle partite Iva che dovrebbero lavorare da liberi professionisti, in realtà sono dipendenti «mascherati».

I sindacati da tempo denunciano questo problema, ma nulla come l'esperienza diretta rende l'idea. Ecco un paio di testimonianze scelte tra alcuni giovani bergamaschi. «Dopo cinque anni di università pensavo di fare l'architetto, invece mi ritrovo a lavorare dieci ore al giorno per 800 euro al mese, nella precarietà più totale».

A parlare è Chiara, una donna di 30 anni, che in realtà avrebbe un altro nome ma preferisce sceglierne uno di fantasia perché teme che il suo datore di lavoro possa rivalersi su di lei. Ha studiato architettura a Milano ma è di Bergamo e dopo essersi laureata ha cercato lavoro nella nostra provincia.

E di lavoro in effetti ne fa, visto che, dopo aver fatto le solite otto ore, quasi ogni giorno si ferma nello studio ancora per un'ora o due, e a volte ci deve ritornare anche di sabato. «Non ci ho messo molto a trovare uno studio di architettura disposto a farmi lavorare - racconta -, ma di assunzione neanche a parlarne».

«All'inizio mi hanno proposto un contratto di collaborazione a progetto per un anno, il famoso cocopro. A cocopro concluso mi hanno poi chiesto di aprire la partita Iva, e come rifiutare? O così o niente. Solo dopo ho scoperto che siccome avevo fatto un anno di cocopro non avevo più diritto al regime agevolato per i primi tre anni di partita Iva, che permette di pagare il 10% di tasse in meno».

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