Ricerche di Yara e di Daniel
Rispettate le linee del Ministero

Yara come Daniel. Uguale, oltre al terribile epilogo, il metodo utilizzato nelle ricerche. In entrambi i casi, in mano a chi le guidava, lo stesso documento: le «Linee guida per favorire la ricerca di persone scomparse» diramate a tutte le prefetture d'Italia.

Yara come Daniel. Storie molto diverse tra loro, ma con lo stesso triste, inaspettato epilogo. Una fine atroce che pone molti punti di domanda. Fra i tanti, uno riguarda il metodo utilizzato nelle ricerche. In entrambi i casi, in mano a chi le guidava, lo stesso documento: le «Linee guida per favorire la ricerca di persone scomparse» diramate a tutte le prefetture d'Italia dal commissario straordinario per le persone scomparse, Michele Penta. Si tratta del primo dossier messo a punto in seno al ministero dell'Interno, condiviso nell'ambito delle attività svolte dal tavolo tecnico interforze. Un primo passo al quale doveva o dovrebbe seguire, come recita la circolare del ministero datata 5 agosto 2010, «la predisposizione da parte delle prefetture di un'apposita pianificazione territoriale volta a individuare specifiche procedure di intervento».

Se nel caso di Yara «è stato fatto il decuplo di ciò che prevedono le linee guida del ministero, e il commissario straordinario è sempre stato informato sull'esito delle ricerche», come commenta il viceprefetto di Bergamo, Sergio Pomponio, nel Canavese invece le squadre si sono attenute - spiega Alberto Pilotto, coordinatore dell'Ufficio gestione emergenze al comando provinciale dei Vigili del fuoco di Torino, l'anima delle ricerche di Daniel Busetti - «oltre alle linee guida, alla procedura operativa standard per le persone scomparse, già in vigore presso i vigili del fuoco».

Ma cosa prevede questo documento? Anzitutto parte proprio dallo scenario provinciale, dall'individuazione dei rischi insistenti sul territorio che «si desume dallo studio delle sue caratteristiche - si legge nel documento - e dall'analisi dell'ambiente e delle attività antropiche, come pure dalla relazione con cui alcuni casi di scomparsa si sono manifestati nel passato e dalla loro frequenza».

Dopo lo scenario di riferimento, cioè mare, monti, zona impervia (come nel caso di Daniel), lacustre o percorsa da fiumi (l'Isola), il documento invita a distinguere le diverse tipologie di scomparsa. Prima l'età, poi la motivazione: allontanamento volontario (il 10% dei casi in Italia), possibile vittima di reato, possibili disturbi psicologici (2%) allontanamento da istituti, sottrazione da parte del coniuge o altro familiare. Per ogni categoria deve essere prevista una specifica procedura di attivazione delle ricerche, salvo i casi in cui la scomparsa sia connessa alla commissione di un reato. E allora è l'autorità giudiziaria competente ad autorizzare specifiche attività di ricerca.

A questo proposito abbiamo sentito anche Massimo Meroni, procuratore aggiunto di Bergamo. Che sottolinea come «la scomparsa di per sé non offra un indizio di reato». Ma per Yara «all'inizio non si poteva escludere, anzi, appariva più probabile rispetto ad altre ipotesi. E poi l'intervento della Procura è stato subito richiesto perché servivano i tabulati telefonici da controllare». Al paragrafo 3, i soggetti che potrebbero essere coinvolti nelle ricerche: prefetto, autorità giudiziaria, forze di polizia, vigili del fuoco, soccorso alpino, unità cinofile, protezione civile, volontari e così via.

Poi le fasi del piano. Dopo l'allarme, la fase informativa, «la fase che assume rilevanza ai fini della tempestività degli interventi». E la si consegue, dice il documento, «se la denuncia di scomparsa viene effettuata immediatamente». Ecco che qui si raccolgono quante più notizie possibili sulle circostanze dell'evento. Si avrà una «notizia qualificata» se località e tempo della scomparsa sono definiti, «notizia non qualificata» se sono dubbi o non definiti. Poi la fase operativa, che parte dalla definizione dello scenario: l'area della scomparsa è antropizzata, cioè con case e strade, o, al contrario, non antropizzata? Nel primo caso «si avviserà la Prefettura, che attiverà immediatamente le unità di ricerca. Nel secondo caso, sempre la prefettura attiverà il Corpo nazionale del soccorso alpino. Vale, sempre, la «tempestività». Insomma, uno strumento ancor più prezioso, questo, se si considera che «nella nostra provincia abbiamo almeno due casi di persone scomparse al mese» aggiunge il procuratore aggiunto Massimo Meroni. Molti «per fortuna poi ricompaiono vivi, qualcuno no» aggiunge Meroni. Ed è allora che la parola «tornare» diventa la più triste.

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