Cronaca / Isola e Valle San Martino
Sabato 28 Maggio 2011
Yara, quel ponte da ricostruire
con la croce degli innocenti
Sulla bara rose bianche e una foto. Fuori e dentro la palestra di Brembate la famiglia di Yara è stretta nell'abbraccio di tutta la comunità che assiste ai funerali. «La fede non si arrende - ha detto il vescovo di Bergamo -. Sulla Croce di Cristo torniamo a camminare».
Alle 10.55 la bara bianca di Yara Gambirasio è entrata nella palestra del centro sportivo di Brembate Sopra. Sulla bara immacolata rose bianche e la fotografia della giovane bergamasca sorridente. Il silenzio domina i primi minuti delle esequie, un silenzio carico di grande dolore e angoscia. I familiari di Yara, mamma Maura e papà Fulvio insieme ai fratelli e alla sorella della ragazzina, hanno seguito la bara e poi hanno preso posto nelle prime file della palestra. All'esterno del palazzetto, migliaia di persone hanno invece seguito la cerimonia dal maxischermo.
All'arrivo del feretro un forte applauso spontaneo ha fatto sentire la vicinanza del paese e dei bergamaschi al dolore della famiglia Gambirasio. Nella palestra tante autorità e rappresentanti delle forze dell'ordine, tra cui il questore Vincenzo Ricciardi e il pm Letizia Ruggeri, le ginnaste amiche di Yara, i parenti e gli amici di famiglia, i compagni di scuola.
Con «Dolce Sentire» una ventina degli studenti che compongono l'orchestra d'archi dell'istituto musicale «Gaetano Donizetti» di Bergamo e quaranta coristi dello stesso istituto, preparati e coordinati da Elisa Fumagalli, hanno dato il via alle esequie. Sull'altare il vescovo di Bergamo monsignor Francesco Beschi, don Corinno Scotti, parroco di Brembate, e molti sacerdoti tra cui i parroci del Vicariato. A celebrare la Messa il vescovo Beschi: «Ognuno di noi ha un motivo per essere qui – ha detto il vescovo -. Siamo qui per partecipare a un dolore, a una speranza, a una vita. Siamo qui per condividere con Fulvio, Maura e i loro figli ciò che portano nel cuore. Sappiamo della nostra distanza, eppure non possiamo fare altro che stare con loro. Siamo qui per pregare – continua monsignor Beschi -: è qualcosa che nasce, quasi irresistibile».
Perché è giusto pregare, dice il vescovo Beschi: «Siamo qui anche per attendere: una risposta, un segno, un dono. Un dono di una speranza che è più forte della morte. Più forte del male e del peccato. Noi compiremo i gesti della speranza che ci ha lasciato il nostro maestro Gesù Cristo. Lui è la nostra speranza».
la prima Lettura è presa dall'Apocalisse di San Giovanni Apostolo, seguito dal Salmo 26 «Signore, spero nel Signore, i miei occhi vedranno il suo volto». Il coro ha poi intonato il canto dell'Alleluia e un sacerdote ha letto un brano dal Vangelo secondo Matteo.
Il vescovo Beschi ha poi ripreso la parola per l'Omelia: «Abbiamo ascoltato la Parola di Dio – ha iniziato a parlare monsignor Beschi -. Tanto più sono intensi la vita e il dolore, tanto più le orecchie del nostro cuore ascoltano questa Parola. Una Parola capace di raggiungere anche chi non crede: il Vangelo ha questa potenza, nella sua luminosità e semplicità».
Il vescovo ripete alcuni frasi tratte dal Vangelo: «”Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi, io vi darà ristoro” - ripete monsignor Beschi che continua -: come fa il Signore a darci ristoro? A volte la stanchezza è veramente grande: si è stanchi perché il peso è troppo grande. Il vostro peso – si rivolge alla famiglia Gambirasio -, cara famiglia, e un po' è anche il nostro peso. Con una stanchezza che non trova riposo facilmente. Questa morte di Yara ci dice come il peso non è mai abbastanza: c'è il peso di una scomparsa e di una speranza fatta di una ricerca indomita». Poi monsignor Beschi continua: «Il peso è anche l'oscurità, è il male. Perché Yara non è semplicemente morta: su di lei abbiamo visto accanirsi il male. E il male non è una cosa che aleggia, è il male dei volti che noi vorremmo guardare. Vorremmo incrociare i loro sguardi, vorremmo dirgli: “Uscite dall'oscurità”. Un'oscurità che sta mangiando anche voi».
Poi un ringraziamento da parte di monsignor Beschi «a chi si è adoperato» in questi mesi di ricerche e indagini, e si rivolge ai giovani e ai bambini: «È possibile trovare ristoro? – si domanda -. È possibile che Gesù possa darci consolazione? Dice Gesù: “Imparate da me che sono umile di cuore”. La sua è una Parola che non opprime, ma libera. Non opprime, perché in quella Parola c'è la vita». Il vescovo Beschi parla di un'immagine con la quale vuole rappresentare la famiglia Gambirasio e la drammatica vicenda che l'ha colpita: «È l'immagine di un ponte interrotto – ha detto -, dove cammina una famiglia. Ora chi ricostruirà questo ponte? Dobbiamo pensare che l'onestà, la giustizia, l'amore, la fiducia siano tutte un grande errore? – si è domandato il vescovo - Questa è la tentazione: la paura ci tenta, e pensiamo che quella strada che abbiamo percorso e che è stata interrotta ora non sia più percorribile». E la domanda del vescovo aleggia sulla comunità raccolta in questo giorno di preghiera: «Chi ricostruirà questo ponte? – continua monsignor Beschi -. L'onesta e la lealtà, l'umiltà sono più belle della menzogna. Questo abbiamo visto in Yara. Il ponte noi forse non riusciremo a costruirlo, ma c'è un ponte su cui possiamo ricominciare a camminare: è la Croce di Cristo, di Yara, degli innocenti. Sono loro che ci conquistano e noi sulla loro Croce possiamo continuare a camminare».
Poi il vescovo continua: «Siamo piccoli, noi ci sentiamo tanto piccoli di fronte all'enormità del male, ai potenti del mondo, alla commiserazione di qualcuno. Siamo piccoli perché noi crediamo all'amore di Dio e che si è manifestato nella Croce di Gesù e degli innocenti». Monsignor Beschi prende spunto anche dal testo dell'Apocalisse: «In queste parole c'è una visione meravigliosa – ha detto -: la lode, la gioia, la vita degli uomini davanti a Dio, come la comunità di Brembate che con umiltà ha mostrato tenacia, speranza, la forza che non si è mai esaurita». Poi il vescovo si rivolge a tutta la comunità: «Penso a questa comunità, alla casa di Yara dove lei continuerà ad essere presente. Penso alla vostra Chiesa, ai suoi sacerdoti, al suo parroco. Penso alla scuola di Yara che è pure stata la sua casa. Penso a questa palestra, la sua casa». E conclude: «La fede non si arrende, ora Yara è arrivata a casa, la casa di Dio».
Dopo l'Omelia, le preghiere degli amici e della comunità. Tra queste, un ringraziamento «alla forza e dignità della famiglia di Yara». Poi un messaggio a nome dei compagni e degli amici: «Non conoscevamo finora il dolore – legge una preghiera un giovane ragazzo -. Signore siamo smarriti, donaci lo Spirito Santo che ci dia forza». E ancora: «Tante persone da ogni parte hanno condiviso il dolore, l'angoscia e la speranza – legge un fedele -. Abbiamo detto a Dio che non ha ascoltato le nostre domande, ma forse siamo noi che non siamo capaci di ascoltare le sue risposte». Prende la parola una ragazza di Brembate: «C'è ancora una preghiera che facciamo fatica a rivolgere a Dio: quella rivolta alle persone crudeli che hanno ucciso Yara – legge la giovane -. Signore, togli il loro cuore di pietra». Tra la commozione un altro giovane: «Yara è viva dentro di noi, Signore aiutaci a non dubitare della tua presenza, aiutaci a non cercare vendetta».
Dopo le preghiere dei fedeli, la preparazione per l'Eucaristia, il Padre Nostro, il segno della Pace con il vescovo Beschi - seguito da don Corinno Scotti e da altri sacerdoti - che si è avvicinato alla sorella di Yara, al fratello, a mamma Maura e papà Fulvio per un abbraccio commosso. È seguito l'abbraccio con don Corinno Scotti alla famiglia. Infine i genitori di Yara si sono avvicinati alla bara e hanno baciato la foto della piccola Yara.
Dopo l'Eucaristia, a prendere la parola don Corinno Scotti che ha raccontato come la comunità di Brembate ha vissuto e sta vivendo questo dolore: «Non so se sono passati sei mesi, sei anni o una vita – ha detto -, io non ho mai vissuto giornate così lunghe. Con incredulità, con paura, insicurezza. L'unica cosa che potevamo fare era quella di metterci davanti al Signore in ginocchio, davanti a Lui, sicuri che il Signore non risolve i problemi, ma ci dà la luce per guardarli e affrontarli – ha detto don Corinno -. Ci siamo anche accorti che il male c'è, ci fa diventare cattivi. E la cattiveria si dimostra al punto tale di uccidere una bambina».
Poi don Corinno ricorda le parole di mamma Maura: «Mi ha detto: “Da quanto hanno trovato la mia bambina sono serena, perché so adesso dove è mia figlia”». E ricorda anche il comportamento di papà Fulvio: «Dalla sua bocca non è mai uscita una parola di cattiveria e di odio». Don Corinno Scotti conclude: «Da Yara abbiamo imparato una cosa grande: che c'è il Paradiso, ma che c'è anche il male e per questo abbiamo bisogno della misericordia di Dio, di essere perdonati. Non solo chi ha ucciso Yara: noi tutti dobbiamo essere capaci di perdonare e di donare il nostro perdono. C'è un solo modo per vincere il male: è giusta la ribellione, l'indignazione, la rabbia, ma il male si vince con il bene. E il bene c'è e ce n'è tanto, e Yara è stata il mezzo per farci capire che il bene unisce, crea fraternità e solidarietà».
Poi don Corinno Scotti ha ricordato i tanti gesti di amore e solidarietà condivisi in questi mesi di dolore: il dono della Comunità di Padre Pio che ha realizzato la casula indossata dal vescovo Beschi durante le esequie, i regali dei carcerati di Treviso, i fiori dal carcere di Rebibbia, la processione ininterrotta alla camera ardente di Yara. Infine la conclusione: «Voglio dirvi tre frasi di questi giorni su Yara. Una mamma piangendo mi ha detto: “Quanto male hanno fatta a Yara”. Poi un'altra mamma ha commentato: “Quanto bene ci sta facendo Yara”. Infine un bambino piccolo mi ha fermato per dirmi: “Io non voglio fare del male a nessuno”. Con queste frasi - spiega don Corinno - voglio pensare a Yara e alla sua vittoria. Il suo corpo in quel campo brutto e arido dove è stata trovata è un chicco, un seme che fiorisce e si moltiplica».
Al termine don Corinno, con grande commozione, ha parlato ancora di papà Fulvio: «Mi ha detto che questi funerali sono la festa a Yara. Noi ora – conclude il parroco di Brembate – stiamo facendo la festa a Yara».
Un applauso, fuori e dentro il palazzetto ringraziano don Corinno. La Messa è poi proseguita con un messaggio scritto dai genitori di Yara Gambirasio indirizzato alla comunità: «Ci avete accompagnato e sorretto e ora vi racconteremo segreti e aneddoti della vita terrena di Yara - legge un conoscente della famiglia Gambirasio -. Lei era disponibile per accudire i suoi fratelli e per effettuare le sue evoluzioni artistiche con la sorella. Durante la scuola primaria, sacrificava il tempo del suo intervallo per trascorrere del tempo con una compagna che aveva problemi fisici e non poteva uscire a giocare in cortile – continuano i ricordi e gli aneddoti -. Il 21 maggio di qualche anno fa aveva rinunciato alla sua festa di compleanno per assistere a una recita del fratellino. Dopo una vacanza acquistammo animali in miniatura e il delfino di questa serie era il suo preferito, ma Yara lo mise insieme agli altri animali privilegiando la scelta delle compagne di ginnastica a cui erano destinate questi regali».
Infine il ricordo di un'anziana di Brembate: «Ci ha detto - si legge nel messaggio dei genitori - che ricorda ancora con ammirazione quando Yara, vedendola in difficoltà, la aiutò ad attraversare la strada». E il messaggio si conclude così: «Yara era uno scricciolo pieno di sensibilità, accompagnato da un amore smisurato verso gli altri. Guarda piccola Yara, guardati attorno, guarda quante persone stanno salutando il tuo corpo, guarda quanti cuori hai toccato. Per noi tu Yara sei immensa, per quello che hai fatto, per come l'hai fatto, per come lo hai detto, con passione, con tanta, tanta, tanta allegria».
A queste parole cariche di amore e commozione, è seguito un forte e intenso applauso, con il vescovo che ha baciato il feretro mentre il sindaco Diego Locatelli ha letto il messaggio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Il mio auspicio – si legge nel breve testo - è, naturalmente, che si riesca a far luce sull'atroce delitto e a rendere giustizia alla memoria della povera Yara: per quanto talvolta il cammino per giungere a tali risultati sia difficile, e incerto ne sia l'approdo. Infine, colgo l'occasione per rinnovarle il senso del mio apprezzamento per la sensibilità, la discrezione e la dignità di cui ha dato prova l'istituzione». Poi il primo cittadino aggiunge un ringraziamento a tutti coloro che «hanno sostenuto la famiglia e la comunità, tutti, indistintamente, per la loro parte». Infine un appello: «Ora c'è l'impegno di andare avanti e di stare insieme. Dobbiamo pensare a questi ragazzi - conclude Locatelli - e affidare loro un mondo di speranza e di fiducia». i chiude, con i funerali, una pagina della tragedia di Yara che ha così terribilmente colpito la famiglia e l'intera cittadinanza di Brembate di Sopra, profondamente commuovendo tutta l'Italia. La prego - scrive il presidente della Repubblica - di farsi interprete della mia sincera partecipazione al dolore dei genitori e della popolazione.
Un altro applauso dentro e fuori il palazzetto, la Messa si conclude con le poesie e i messaggi degli amici e dei compagni di scuola di Yara, ma anche delle insegnanti di ginnastica della ragazza: «Ciao piccolo tesoro – ha letto un'insegnante nella commozione -, grazie per averci scelto, per non averci fatto mancare il tuo sorriso, per averci insegnato che lo sport è soprattutto passione, che la cosa più importante sono le scelte del cuore. Dalle tue insegnanti di ginnastica, un abbraccio consolatore, di gioia, pieno di calore». A chiudere le esequie, tra gli abbracci della famiglia, il vescovo Beschi.
Poco dopo le 13.10 il feretro di Yara, accompagnato dai familiari, ha varcato la soglia del Cimitero monumentale di Bergamo dove nel pomeriggio la salma di Yara è stata cremata e successivamente è rientrata a Brembate Sopra per essere tumulata nel cimitero del paese.
Fabiana Tinaglia
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