«Valli bergamasche irriconoscibili»
Quilici critica l'eccessivo cemento

Le recenti proteste anti Tav in Val di Susa hanno reso di stretta attualità il tema del rapporto, spesso conflittuale, tra modernizzazione e tutela dell'ambiente. Ne abbiamo parlato con Folco Quilici, documentarista e scrittore, esperto di temi ambientali.

Le recenti proteste anti Tav in Val di Susa hanno reso di stretta attualità il tema del rapporto, spesso conflittuale, tra modernizzazione e tutela dell'ambiente. Ne abbiamo parlato con Folco Quilici, documentarista e scrittore, esperto di temi ambientali. «Il mio è un parere dilaniato dall'essere un viaggiatore in movimento costante e al tempo stesso uno strenuo difensore di un mondo naturale il più possibile vergine».

«Certo se facessero un'autostrada nella campagna che da tanti anni mia moglie ed io stiamo curando in Umbria, probabilmente anche io imbraccerei il fucile. La soluzione andrebbe cercata affidandosi al buonsenso. E non si può avere fiducia soltanto nelle leggi, perché qualche volta sono sbagliate e perché accade che la gente, guidata dal proprio egoismo, sia disposta a violarle».

Quilici parla anche della Bergamasca: «Per scrivere il mio ultimo libro (La dogana del vento, ndr) sono tornato in Valle Brembana, nei paesi in cui ero stato da bambino durante la guerra, e sono rimasto molto deluso. È tutto così cambiato, costruito anche malamente. Si è passati da un'architettura misera ma funzionale a pretenziose villette, alcune francamente oscene. Una volta c'erano boschi, prati, roccoli; ora sono spariti. Per fortuna la valle a un certo punto si restringe e costruire diventa difficile; lì la natura ha potuto difendersi. La Valle Seriana, poi, è irriconoscibile. Non ho goduto di quel che ho visto».

Va detto che sono zone densamente industrializzate, dove costruire era necessario.
«Il nostro Paese potrebbe vivere ampiamente di turismo più che di industria ma non sappiamo gestirlo, né in mare né in montagna. Al passo San Marco c'è il deserto montano più bello del mondo. Eppure tutti si accumulano nei centri perché la gente ha bisogno di chiasso, di confondersi».

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