Angela: «Vivo a pasta in bianco
ma il mio mondo è tutto colorato»

di Benedetta Ravizza

Angela Stella nello zainetto rosa non ha le caramelle o una briosche, ma una scatoletta di tonno. Sotto la frangetta color miele, sbucano due occhietti da birba. A guardarla non si direbbe mai che vive senza zucchero.

di Benedetta Ravizza

Angela Stella nello zainetto rosa non ha le caramelle o una briosche, ma una scatoletta di tonno. Sotto la frangetta color miele, sbucano due occhietti da birba. A guardarla non si direbbe mai che vive senza zucchero perché ha un'energia da vendere: disegna, zompetta, chiacchiera, si mette in posa per le foto, manda bacetti. Non si direbbe mai che mangia quasi tutto in bianco, perché il suo mondo è pieno di colori: «L'azzurro è il mio preferito, il bianco brilla. Il nero non mi piace perché è scuro».
Ma non le fa paura. Lei, nei primi cinque anni della sua vita, il buio l'ha già visto tante volte - quando inizia a impallidire e a sudare, quando vomita e le forze scivolano via e si deve correre in ospedale - ma sa che si può vincere. Lo racconta la mamma Anna Luisa Martinelli, di Bergamo, una ragazza madre di 28 anni, barista part time, che questa bambina se la coccola tutta. Parla della sua malattia come un fiume in piena, «perché altri genitori sappiano. Insieme ce la si può fare».

La malattia
Angela Stella ha la fruttosemia, una malattia metabolica rara: il fruttosio non può essere metabolizzato e quindi va a danneggiare irrimediabilmente il fegato, i reni e il piccolo intestino. Un fruttosemico può andare incontro a letali crisi ipoglicemiche al minimo assaggio, ad esempio, di frutta e verdura. Si stima che la sua frequenza sia tra 1 caso ogni 20 mila individui e 1 ogni 100 mila. «Ma probabilmente le persone colpite sono molte di più – sostiene Anna Luisa – solo che nei libri di medicina la malattia è descritta solo con due righe, i sintomi sono molto diversi da persona a persona e si arriva alla diagnosi molto tardi. Anche per Angela Stella c'è voluto tanto tempo prima di capire che cosa avesse».

Fino alla crisi del maggio 2008, quando la bimba, a 19 mesi, dopo aver mangiato un pezzettino di banana, finisce in corsia in fin di vita. Poi la scoperta, la presa in cura al centro specializzato di Monza dove opera la dottoressa bergamasca Rossella Parini. «Le nostre abitudini sono state completamente ribaltate – spiega Anna Luisa –. Mia figlia, per fortuna, aveva già sviluppato un'avversione naturale per i cibi, come frutta, verdura e merendine, che contengono fruttosio. Ma bisogna seguire comunque una dieta particolare: il pane e la pizza li facciamo fare in negozi apposta, per evitare che contengano il fruttosio necessario per farli lievitare; c'è una lista di medicinali da prendere. Per Angela Stella lo sciroppo è bandito, può assumere solo pastiglie per adulti, sbriciolate o in quartini. Tantissimi alimenti contengono fruttosio, ma sotto l'1-2% non c'è l'obbligo di indicarlo sull'etichetta, mentre per i fruttosemici anche una percentuale così bassa può portare a esiti drammatici».

L'aiuto
Di fronte all'idea che in ogni cibo possa nascondersi un veleno per la figlia, Anna Luisa ammette di aver provato «un grande panico. Per fortuna però ci sono i miei angeli custodi: i miei genitori (Angela Stella si chiama così in omaggio a nonna Estrella e nonno Angelo) e i miei datori di lavoro, che mi sono vicini come una seconda famiglia, senza negarmi mai un permesso per accudire mia figlia». E poi l'incontro con l'Aif, l'Associazione intolleranza fruttosio. «Grazie a loro mi sono sentita sostenuta e compresa, aiutata nel seguire regole di comportamento corrette», dice Anna Luisa, che ora si propone come punto di riferimento per i fruttosemici del Nord.
Spiega: «L'Associazione ha sede a Napoli e il presidente è di Roma. Io mi sono offerta - e l'Aif ha già approvato - per aprire una sezione a Bergamo. La gestirò a casa mia, ma è importantissimo far rete e mettere in comune le proprie conoscenze ed esperienze. Ci piacerebbe collaborare di più con il centro Negri e di Monza; aggiornare la lista dei medicinali vietati, ferma al 2006; fare un archivio di tutti i casi».

La giovane mamma, infatti, racconta di come spesso abbia trovato conforto «confrontandomi, ad esempio in Facebook, con Jessica, una ragazza fruttosemica sarda, che in tanti casi mi ha aiutato dicendomi cosa le era capitato e come aveva reagito». Anna Luisa parla senza censure, accarezza la sua bimba che ascolta dalla a alla z. «Angela Stella sa tutto. Anzi lei è più diligente di me. Un giorno ho dimenticato delle caramelle in casa, e lei mi ha ripreso: "Mamma lo sai che non posso mangiarle"; quando è fuori a pranzo non accetta mai cibi sconosciuti, anche se per evitare inconvenienti all'asilo, ad esempio, è iscritta solo mezza giornata».

Angela Stella disegna: la sua mamma «con un cuore grande così», il suo cagnolino Lupen. «Ma ora aspettiamo il mio animale speciale», dice. Qual è? «Navigando in Internet abbiamo scoperto che esiste un cane per diabetici che "fiuta" quando le persone vanno in ipoglicemia – racconta Anna Luisa –. Per noi sarebbe un sogno. Sa quante volte mi sveglio di notte e faccio il test per vedere che i valori di Angela Stella siano tutti regolari? Per noi avere un cane così, che ci avverte del pericolo, sarebbe davvero un grande sogno, ma per ora costa troppo e non possiamo permettercelo». Angela Stella sa già come chiamarlo: «Stellina, come me».

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