«La politica come un affare»
Nicoli Cristiani resta in carcere

Una concezione della politica e della pubblica funzione che è «affaristica». A questo fanno riferimento i giudici del Tribunale del Riesame nelle motivazioni con cui hanno confermato il carcere per l'ex vice presidente del consiglio regionale Nicoli Cristiani.

Una concezione della politica e della pubblica funzione che è «affaristica». A questo fanno riferimento i giudici del Tribunale del Riesame di Milano nelle motivazioni con cui hanno confermato il carcere, il 7 gennaio scorso, per l'ex vice presidente del consiglio regionale Franco Nicoli Cristiani.

Nicoli Cristiani è accusato di corruzione per avere intascato una tangente di 100 mila euro per accelerare autorizzazioni per la cava di Cappella Cantone nel Cremonese, da trasformare in discarica d'amianto.

«Le intercettazioni - scrivono i magistrati - documentano altresì una fitta rete di rapporti» di Nicoli e Rotondaro con Pierluca Locatelli «che vanno al di là dell'odierna vicenda criminosa e che denotano la piena adesione di tutti gli indagati».
 
I magistrati, che nel definire la competenza territoriale richiamano la sentenza delle sezioni unite su Mills, sottolineano che «la vicenda in esame è estremamente grave e sintomatica di una elevata propensione criminale di tutti gli indagati sia per la complessiva entità degli importi corrisposti sia per la natura degli interessi in gioco, trattandosi di discarica di materiale altamente pericoloso per la salute».

Nicoli viene poi indicato come il principale regista della vicenda. Le sue dimissioni vengono considerate dai magistrati strumentali e in ogni caso non affievolirebbero il pericolo di reiterazione.

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