Evasione per oltre 400 milioni
Coinvolta anche la Bergamasca

È coinvolta anche la Bergamasca in un giro di fatture false per oltre 400 milioni di euro, per un'evasione in termine di imposte dovute superiore agli 80 milioni di euro. Coinvolte 83 persone, 11 sono state arrestate.

È coinvolta anche la Bergamasca in un giro di fatture false per oltre 400 milioni di euro, per un'evasione in termine di imposte dovute superiore agli 80 milioni di euro, che è stato individuato dai finanzieri della Compagnia di Sondrio in due anni. Ben 83 le persone a diverso titolo coinvolte, tutte denunciate alla Procura della Repubblica di Sondrio, 11 delle quali tratte in arresto nelle ultime ore e tra cui anche un direttore di banca, in esecuzione dell'ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Sondrio, in quanto appartenenti al sodalizio criminale transnazionale organizzatore delle frode.
Gli arresti sono stati eseguiti nelle province di Milano, Bergamo, Brescia, Lodi, Mantova, Cremona e Treviso.

L'operazione, denominata CarWash, ha impegnato oltre 200 finanzieri nel centro-nord Italia, e ha consentito di colpire il cuore dell'organizzazione sequestrando l'«equivalente» di 8 immobili residenziali (tra cui una lussuosa villa con piscina), un capannone industriale di oltre 2.000 metri quadrati per un valore complessivo di circa 3.300.000 euro; più di 50 autovetture di lusso tra cui Porsche, Jaguar, BMW, Land Rover per un valore complessivo stimato di circa 3.000.000 di euro, nonché conti correnti, titoli e preziosi per un valore ancora in via di definizione ed allo stato pari a 1.000.000 euro.

I controlli sono iniziati nel centro storico di Sondrio, dove aveva sede un concessionario di autovetture con un volume di affari di 40 milioni di euro in 4 anni. Dalla verifica fiscale nei confronti della società i finanzieri sono riusciti a risalire ad un «giro» di fatture false operato tra Italia, Polonia, Austria e Germania. Diciannove persone gestivano, sotto un'unica regia, 21 società attraverso le quali era stato costruito un rilevante meccanismo di frode noto come «carosello Iva» nel settore degli autoveicoli operato attraverso l'emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Il sodalizio operava su due livelli: un primo costituito da un gruppo di 3 concessionari di automobili dislocati nelle province di Lodi, Mantova e Treviso, all'apparenza regolari, e gestiti da altrettanti imprenditori in grado di finanziare l'intero meccanismo di frode nonché di immettere le autovetture sul mercato lecito; un secondo livello costituito da 16 società tecnicamente qualificabili come «cartiere» o «filtri», il cui unico scopo era quello di interporsi nell'acquisto degli autoveicoli destinati ai concessionari del gruppo per poter frodare l'Iva dovuta allo Stato, oppure di inserirsi a loro volta tra i concessionari ed altre cartiere rendendo ancora più intricata la «rete».

Le cartiere hanno sistematicamente omesso di adempiere a qualsivoglia obbligo dichiarativo e di versamento. Gli autoveicoli non venivano movimentati fisicamente in corrispondenza dei passaggi «fatturati», ma gli stessi venivano spostati direttamente dal fornitore iniziale, sia italiano sia estero, al concessionario finale. Attraverso questa tipologia di acquisti, i concessionari riuscivano a disporre di autovetture a prezzi vantaggiosi e potevano così rivenderle, a prezzi altamente ed illecitamente competitivi, ad altri operatori economici oppure, nella maggior parte dei casi, a soggetti privati. Tra i soggetti coinvolti vi erano anche due società tecnicamente qualificabili come «esterovestite» cioè formalmente di diritto austriaco e polacco ma, di fatto, gestite da soggetti italiani appartenenti al sodalizio; queste società, operanti come «cartiere», erano quelle che, in via principale, operavano direttamente con i fornitori tedeschi ed austriaci di autovetture.

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