Maxi truffa, il mediatore
non risponde e resta in cella

Come il suo legale aveva preannunciato, il mediatore creditizio Christian Limonta si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip. L'uomo, 37 anni di Verdello, è accusato di aver procurato la fideiussione da 1,7 milioni alla società De Tomaso.

Come il suo legale aveva preannunciato, il mediatore creditizio Christian Limonta, interrogato ieri dal gip di Torino Francesca Christillin, si è avvalso della facoltà di non rispondere. L'uomo, 37 anni di Verdello, è accusato di aver procurato la fideiussione da 1,7 milioni alla società De Tomaso perché ottenesse il finanziamento ministeriale da 7,5 milioni.

Nell'inchiesta sulla presunta truffa ai danni dello Stato sono stati arrestati anche il top manager Gian Mario Rossignolo (ai domiciliari) e il dirigente Claudio Degrate, anche loro interrogati venerdì 13 luglio. Limonta è l'unico rimasto in carcere.

«La scelta di non rispondere è stata dettata meramente dalla tempestività dell'interrogatorio - spiega il legale di Limonta, Alessia Sorgato -. Dobbiamo ancora leggere tutte le carte e probabilmente per la prossima settimana chiederò un interrogatorio o presenterò un memoriale del mio assistito».

Limonta, incensurato, domiciliato a Dalmine con la fidanzata, ha un ufficio di mediazione finanziaria a Bergamo e un'impresa con alcuni dipendenti. Secondo l'accusa avrebbe fornito alla De Tomaso la polizza che ha permesso all'azienda produttrice di auto sportive di ottenere il finanziamento ministeriale per corsi di formazione del personale, partiti in minima parte e interrotti dopo pochi giorni. La polizza, stipulata con la Confidi Mutual Credito di Pescara, sarebbe falsa.

Limonta in cambio - sempre secondo le accuse - avrebbe ricevuto circa un milione e 700 mila euro tramite un bonifico della De Tomaso e un assegno circolare. Gian Mario Rossignolo, l'unico agli arresti domiciliari, ha manifestato «sorpresa» di fronte all'accusa della falsità della fideiussione e ha sottolineato che, per ottenere i finanziamenti, era stato costretto a utilizzare quello strumento «particolarmente oneroso» a causa della situazione di difficoltà in cui versava l'azienda.

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