Alla «paritaria» il 70% dei bimbi
Ma ora c'è timore per l'Imu

La questione Imu e scuole paritarie ha smosso anche la nostra provincia. Monsignor Vittorio Bonati, delegato vescovile per la scuola, cdice che «il 70% dei bambini della nostra Diocesi frequenta una scuola dell'infanzia paritaria».

La questione Imu e scuole paritarie ha smosso anche la nostra provincia, terra in cui le scuole paritarie sono numerose. Monsignor Vittorio Bonati, delegato vescovile per la scuola, dice che «il 70% dei bambini della nostra Diocesi frequenta una scuola dell'infanzia paritaria». Se cadesse la mannaia dell'Imu, i conti di molte scuole, soprattutto parrocchiali, riceverebbero il colpo finale, con il rischio di chiusura. E a perderci non sarebbero solo i bambini, le famiglie, ma la società e la scuola stessa nel suo insieme. Il regolamento contenuto nel recente decreto potrebbe essere presto completato con le linee attuative e forse si chiarirà ogni dubbio. Per il momento la preoccupazione resta alta. «Non riesco a credere che si possa aggravare una situazione già pesante – commenta monsignor Bonati –. Si sta facendo il possibile per tenere in vita le scuole paritarie, soprattutto quelle parrocchiali, nelle piccole comunità, che sono quelle più vulnerabili. Le parrocchie fanno grandi sforzi per appianare i debiti delle scuole materne».

Per il futuro della scuola paritaria vengono chiamate in causa anche le amministrazioni. «Solo un Comune su 10 della nostra Diocesi – continua monsignor Bonati – contribuisce in modo sufficiente perché i bilanci vadano in pareggio. Ci sono Comuni che danno 100 euro a bambino, altri 1.500 e questo avviene, straordinariamente, soprattutto nei piccoli paesi con bilanci già stretti, ma che comprendono fortemente l'importanza della permanenza della scuola». I bilanci delle scuole parrocchiali piangono. «È difficile tenere aperte le nostre scuole, che portiamo avanti anche per la nostra missione di Chiesa. Non ci si rende conto che è un servizio pubblico a tutti gli effetti». 

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 27 novembre

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