«Il volo fra Caracas e Los Roques
per me è stato agghiacciante»

Arrivano altre testimonianze di bergamaschi che hanno sperimentato di persona gli aerei fra Caracas e Los Roques. «Ho preso centinaia di voli - ci ha scritto Leonardo Marabini - ma quello lo ricordo come uno dei più agghiaccianti della mia vita». E non è il solo.

Arrivano altre testimonianze di bergamaschi che hanno sperimentato di persona gli aerei fra Caracas e Los Roques, su uno dei quali sono scomparsi Vittorio Missoni, sua moglie e altri tre italiani.

«Ho preso centinaia di voli - ci ha scritto Leonardo Marabini - ma quello lo ricordo come uno dei più agghiaccianti della mia vita». E non è il solo. Roberto Valentin di Treviglio ha raccontato di essere letteralmente «vivo per miracolo. La situazione là è veramente pericolosa. Per il mio lavoro (alla Abe Elettronica di Caravaggio) ho viaggiato in mezzo mondo: in Tanzania, in Etiopia, in Congo, ma non ho mai visto una situazione così. Durante il volo da Los Roches il finestrino si è staccato e mi è volato in mano». (Leggi di più nella notizia allegata)

Ecco la lettera di Leonardo Marabini
«Nel 1999 ho vissuto a Caracas per quasi 3 mesi per l'apertura della filiale venezolana di un'azienda italiana.Un sabato decisi di andare a Los Roques. Ho preso centinaia di voli, ma quello lo ricordo come uno dei più agghiaccianti della mia vita.

In sintesi: all'aereo ci siamo arrivati attraversando a piedi la pista dell'aeroporto senza alcuna segnalazione né forma di sicurezza. Qualsiasi mezzo di passaggio avrebbe potuto travolgerci.

Giunti all'aereo (uno scassatissimo bimotore di non so quale marca ed epoca), il pilota ha messo noi 5 passeggeri in riga, e chiesto uno ad uno il rispettivo peso. Coi miei 92 kg ero il più pesante, per cui mi mise a suo fianco al posto del co-pilota.

Siamo saliti a bordo camminando sull'ala destra del velivolo, scalette non ce n'erano. La strumentazione sul cruscotto di controllo era ridotta all'osso: non c'era nemmeno un radar.

Per avere l'ok al decollo, il pilota comunicava via radio con la stazione di controllo ma non si sentiva niente. Prima di dare potenza ai motori, s'è fatto il segno della croce e ha baciato un rosario avvolto parzialmente attorno alla sua cloche.

In volo, abbiamo subito incontrato una grossa massa nuvolosa, in cima alla quale s'intravedeva un pertugio: con una manovra praticamente verticale l'ha raggiunto e ci si è infilato per poi ridiscendere quasi in picchiata, descrivendo quindi un arco molto acuto e facendo prendere a noi tutti uno spavento dell'accidenti.

Non si fidava a passare attraverso la nuvola senza un radar, ma forse sarebbe stato meglio… Terminata la manovra, poiché il vetro si era nel frattempo riempito di condensa, il pilota mi ha chiesto di metter fuori dal finestrino un braccio per pulirgli la visuale (!!).

Il resto del volo è andato poi bene, ivi incluso l'atterraggio. Ma questa volta il segno della croce l'ho fatto io, a terra, per ringraziare il Signore.

Mi sono limitato alla pura descrizione, sintetica e non romanzata di quel viaggio, perché le mie considerazioni sull'assenza di manutenzione del velivolo o sulla presunta sobrietà del pilota potrebbero togliere credibilità a tutto il resto. Ma i dubbi mi rimangono».

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