Il pm scagiona ancora Fikri
Il gip si è riservato di decidere

Si è conclusa dopo poco più di un'ora, al tribunale di Bergamo, l'ennesima udienza sul caso di Mohammed Fikri, l'unico indagato nell'inchiesta sulla morte di Yara Gambirasio. Il pm ha confermato l'alibi del marocchino, il gip si è riservato di decidere.

Si è conclusa dopo poco più di un'ora, al tribunale di Bergamo, l'ennesima udienza sul caso di Mohammed Fikri, l'unico indagato nell'inchiesta sulla morte di Yara Gambirasio. Il pm ha confermato l'alibi del marocchino, il gip si è riservato di decidere.

Fikri questa volta era assente, rappresentato però dal legale Roberta Barbieri. L'udienza si è svolta a porte chiuse. Il pm Letizia Ruggeri ha nuovamente chiesto l'archiviazione del fascicolo a suo carico – stralciato da quello principale – perché da tempo ritiene che l'operaio marocchino sia del tutto estraneo ai fatti.

Nel corso di questa udienza di giovedì 14 febbraio il pm ha ricordato che l'alibi di Fikri regge (era al ristorante) e che i risultati delle analisi delle celle telefoniche non lo collocano sul luogo del delitto.

Alla richiesta di archiviazione si è sempre opposta la famiglia di Yara, tramite il proprio avvocato, Enrico Pelillo. In tribunale, con il legale, questa volta era presente Maura, la mamma di Yara, oltre al consulente della famiglia, il genetista Giorgio Portera.

Al termine dell'udienza il gip Ezia Maccora si è riservata di decidere.

Il caso della traduzione
Il caso, come noto, si gioca attorno alla traduzione di un'intercettazione telefonica del 3 dicembre 2010 (il giorno prima dell'arresto di Fikri, prelevato dai carabinieri mentre si trovava su un traghetto diretto in Marocco). Dopo aver composto il numero di un conoscente che gli doveva del denaro, nell'attesa (vana) che questi rispondesse, Fikri bofonchiò tra sé una frase, in arabo. Disse: «Allah, non l'ho uccisa io», come sostennero i primi interpreti, oppure «Fa' che risponda», come tradussero i consulenti del pm che ne decretarono la scarcerazione?

Il gip Ezia Maccora, nell'ultima udienza, aveva ordinato agli inquirenti di svolgere una nuova traduzione, dirimente. Ben cinque quelle prodotte dal pm Ruggeri a supporto della nuova richiesta di archiviazione, e tutte scagionano Fikri: «Perché non funziona?», «Fa' che vada avanti», «Fa' che qualcosa si muova», «Fa' che risponda, che vada tutto bene». E tutti gli interpreti escludono di sentire il verbo «uccidere». Anche l'avvocato di Fikri, Roberta Barbieri, si è affidata a una consulente, che ha confermato la versione innocentista.

La parte offesa, dal canto suo, ha affidato la traduzione a una propria consulente marocchina, che invece ha confermato la prima versione: «Non l'ho uccisa io». La contesa è in particolare su una parola che Fikri avrebbe pronunciato, secondo l'interprete dei Gambirasio: la parola «mashi». «Nel Nord del Marocco significa «andare», ma nella zona di provenienza di Mohammed Fikri (Dr Old Salah, piccolo centro rurale vicino a Marrakech, ndr) è utilizzata come negazione di un verbo», sostiene l'interprete, originaria di Fès.

Secondo lei, il verbo di cui «mashi» sarebbe la negazione è il verbo «uccidere» e nel file audio dell'intercettazione si sentirebbero proprio le consonanti «q» e «t» del verbo «qatala», uccidere.

Ora il gip Maccora ha tre possibilità. La prima è archiviare il caso, ma non l'ha fatto nei mesi scorsi, quando la famiglia di Yara non si era opposta, e dunque appare difficile che possa farlo ora. La seconda possibilità è l'imputazione coatta per Fikri. Ma con quale capo d'imputazione? Favoreggiamento? E poi: ci sono altri elementi che lo accusano? La terza possibilità è che il giudice torni a disporre altre indagini sul punto.

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