Yara, Portera: «Dal genoma
l'identikit del killer. Esito incerto»

Il pm Letizia Ruggeri, che coordina le indagini sulla morte di Yara, ha disposto che vengano compiute nuove analisi sul Dna di «ignoto 1», l'individuo di sesso maschile di cui è stata trovata traccia sugli indumenti della vittima.

Il pm Letizia Ruggeri, che coordina le indagini sulla morte di Yara, ha disposto che vengano compiute nuove analisi sul Dna di «ignoto 1», l'individuo di sesso maschile di cui è stata trovata traccia sugli indumenti della vittima, e su alcuni reperti (soprattutto peli) che finora non erano stati sottoposti ai test di laboratorio. Ad entrambi gli accertamenti parteciperà, come consulente della parte offesa (la famiglia Gambirasio) il genetista forense Giorgio Portera, ex tenente dei Ris di Parma.

Dottor Portera, gli inquirenti hanno affidato al Centro di genomica dell'ospedale San Raffaele di Milano il compito di sequenziare il genoma di «ignoto 1». Qual è lo scopo?
«Sequenziare il genoma, o parte di esso, consente di ricostruire la sequenza del Dna, quindi non soltanto le 15 regioni Str (Short Tandem Repeat) che vengono generalmente analizzate in ambito forense».

Cosa permetterà di scoprire questo esame?
«Oggi dal punto di vista formale non ci sono studi che consentono di fare un vero e proprio identikit a partire dal genoma. Si può però risalire ad alcune specifiche colorazioni di capelli e dell'iride degli occhi, e eventualmente individuare la predisposizione a determinate patologie che l'individuo potrebbe sviluppare nel corso degli anni».

Dunque non si possono attendere risposte certe da questa analisi?
«La scienza compie rapidi passi avanti in questo campo: fra qualche anno i dati acquisiti oggi potrebbero essere letti alla luce di nuove conoscenze e fornire ancor più informazioni di quanto non sia possibile attualmente».

Il materiale biologico trovato sugli indumenti della vittima, però, sembra essere poco: non è detto che sarà sufficiente agli esperti per poter effettuare l'analisi come si spera. <+risposta_int>«Sì, la traccia è quantitativamente scarsa e qualitativamente deteriorata. Soltanto quando cominceranno le operazioni sarà possibile sapere se il sequenziamento del genoma potrà essere effettuato in maniera completa o solo parziale».

Leggi di più su L'Eco di giovedì 28 febbraio

© RIPRODUZIONE RISERVATA