Due famiglie, stesso dolore
Tra disperazione e tenerezza

Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo». Viene in mente il Tolstoj di Anna Karenina, osservando questo funerale. I Calderoli espansivi, Gli Olimpo pietrificati nel loro banco.

Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo». Viene in mente il Tolstoj di Anna Karenina, osservando questo funerale. I Calderoli espansivi, mobili e quasi disinvolti nel tuffarsi negli abbracci, nello stringere mani, nell'abbandonarsi al pianto, nel concedersi il sollievo temporaneo di una sigaretta prima che i carri funebri prendessero la strada del cimitero. Gli Olimpo pietrificati nel loro banco, terrei, quasi si fossero ritagliati un loro angolo dove annegarci le lacrime.

Alberto Calderoli, marito di Alessia e padre di Elisa, che in questi giorni ha esternato le sue emozioni su Facebook. Alessandro Olimpo, padre di Alessia e nonno di Elisa, che è rimasto trincerato nel silenzio. È lo stesso dolore? Sì: hanno entrambi perso pezzi di vita. Ma lo manifestano in maniera diversa, e adesso sarebbe un gioco puerile, oltre che ingiusto, stabilire chi soffre di più.

A questo addio le due famiglie sono giunte con il loro carico di attriti, covati nel tempo ed esplosi con la tragedia. I Calderoli che imputano quanto accaduto a una presunta depressione di Alessia, gli Olimpo che ad Alberto rimproverano di non essere stato vicino alla moglie. Si paventavano funerali separati, evenienza scongiurata dall'opera di diplomazia di don Remo Luiselli, parroco del Monterosso.

Chi se la sarebbe sentita di imporre un addio distaccato per una madre e una figlioletta morte insieme? Sarebbe stato a suo modo crudele e avrebbe fatto scalpore in una città che è prima rimasta sgomenta e poi ha continuato a commuoversi davanti a quelle due bare accostate, interessandosi solo di striscio alle controversie applicate alla necrologia.

La retroscenistica, in questo dramma, è sempre rimasta relegata alle pagine dei giornali, al pettegolezzo da bar e ai verbali della questura. E, però, l'ombra lunga dei dissidi non s'è mai dissolta e ieri ha fatto capolino anche nella liturgia, con don Remo che s'è sentito in dovere di proseguire dall'altare la sua azione conciliatoria. Assolvendo cristianamente Alessia, quando ha spiegato che questa è «una tragedia violenta generata da immenso amore»; ma anche Alberto, quando lo ha incoraggiato a «non lasciarti soffocare da sensi di colpa inesistenti». E concludendo con messaggi piuttosto espliciti: «Nonostante il cuore sanguinante per sempre, la vita continua» e «Il dialogo deve continuare».

Leggi le due pagine dedicate all'argomento su L'Eco di domenica 28 aprile


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