Bossetti, un mese di detenzione
Isolamento, angoscia e preghiera

È solo, isolato, chiuso in una cella al piano terra della terza sezione del carcere di Bergamo. A fargli compagnia solo un giornale e la televisione, oltre agli occhi vigili degli agenti penitenziari che lo controllano. Prega spesso e invoca l’incontro dei suoi bambini.

È solo, isolato, chiuso in una cella al piano terra della terza sezione del carcere di Bergamo. A fargli compagnia solo un giornale e la televisione, oltre agli occhi vigili degli agenti penitenziari che lo controllano. Prega spesso e invoca l’incontro dei suoi bambini.

Per Massimo Giuseppe Bossetti tra poche ore sarà trascorso un intero mese da quando è finito in via Gleno con l’infamante accusa di aver ucciso la piccola Yara Gambirasio. Trenta giorni passati nella casa circondariale da cui proclama la sua innocenza.

Ma anche un mese in cui si è trovato solo con i suoi pensieri, con l’angoscia di dover trascorrere il resto della sua vita dietro le sbarre. Per questa ragione, come ogni altro «nuovo giunto» (così vengono chiamati gli ultimi arrivati) il muratore di Mapello è stato sottoposto a un accertamento da parte degli specialisti che hanno valutato la sua adattabilità al regime detentivo, per escludere, ad esempio, gesti autolesionistici.

La permanenza in carcere su L’Eco di Bergamo del 13 luglio

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