I trattori Same? Nella taverna
di un pensionato di Calvenzano

C'è chi, una volta andato in pensione, non vuole più sentir parlare del lavoro che ha svolto magari per una vita intera. Ma c'è anche chi quel lavoro lo amava talmente tanto da non riuscire a staccarsene: è il caso di Franco Ferla, 66 anni, di Calvenzano.

C'è chi, una volta andato in pensione, non vuole più sentir parlare del lavoro che ha svolto magari per una vita intera. Ma c'è anche chi quel lavoro lo amava talmente tanto da non riuscire a staccarsene: è il caso di Franco Ferla, 66 anni, di Calvenzano.

Nella sua taverna di casa, appena fuori dal centro del paese, è custodito un vero gioiellino di tecnologia, modellismo ed elettronica. Ferla ha infatti ricostruito a casa, ovviamente in miniatura, un'intera linea della catena di montaggio della Same Deutz-Fahr, il colosso dei trattori di Treviglio dove il sessantaseienne, ora in pensione, ha lavorato per 25 anni come tecnico addetto alla manutenzione degli impianti.

«Per me il lavoro è sempre stata una passione - spiega - e ho voluto ricostruire i meccanismi della catena di montaggio nel mio plastico, in modo che tutti possano vedere come funzionano degli apparati che, di solito, non si possono vedere. Non credo esista da nessun'altra parte nulla del genere». In realtà nella sua taverna da 80 metri quadrati non c'è solo la catena di montaggio della Same, ma anche una catena di assemblaggio di schede elettroniche - ovviamente sempre in miniatura - identica a quella della «Prandoni», storica azienda produttrice di televisori di Treviglio, da anni demolita (sorgeva dove oggi si trova il Pellicano) - dove Ferla iniziò, da ragazzo, la sua carriera lavorativa e dove lavorò fino al '75, prima di approdare alla Same - e un intero reparto della ex Cabel di Curno, anch'esso ricostruito nei minimi dettagli, con la catena di montaggio dove venivano realizzate le schede elettroniche, con tanto di «caldaia» funzionante proprio come l'originale, per garantire il corretto riciclo dell'aria e la giusta temperatura nel reparto.

Dietro i modellini c'è un vero lavoro di ricostruzione dettagliata dei meccanismi idraulici, elettrici e meccanici, come solo un tecnico esperto come Ferla può aver conosciuto nella sua vita lavorativa. «Probabilmente un ingegnere queste cose non le conosce così bene - scherza -, visto che ci si deve lavorare proprio "dentro" per scoprirne i segreti».

Il pensionato ha avuto anche l'inventiva per riprodurre fedelmente ogni aspetto: facendosi aiutare dal figlio, che è un informatico, ha anche realizzato un software che consente - attraverso tre monitor collegati alla catena di montaggio della Prandoni - la teoria che sta dietro il funzionamento della catena. «Ho realizzato sia la catena della Prandoni con 10 postazioni per gli operai - spiega Ferla - sia quella automatizzata della Same per far comprendere il passaggio dell'industria dal dopoguerra a oggi, dalla manodopera alla robotizzazione degli impianti. Così anche chi non ha vissuto le epoche lavorative del passato può comprendere come funzionavano le cose, in particolare agli studenti degli istituti tecnici. In passato alcune classi sono già state qua in visita».

Anche la Same ha già valorizzato il maxi plastico, ospitato nel Museo dell'azienda in occasione di un convegno sull'industria. «È stato un giorno molto bello per me, perché tutti erano lì a guardare quello che avevo fatto e ne sono rimasti affascinati. Difficile ripercorrere l'emozione che ho provato in quei momenti». Di fatto il plastico di Ferla riproduce dettagliatamente e con minuzia di particolari quasi maniacale la catena di montaggio della Same, a partire addirittura dal badge che gli operai usano per accedere al reparto di lavoro e che, anche nel modellino, è indispensabile per far aprire le porte automatiche. Da lì si apre un piccolo, grande universo: tra cavi, luci, suoni, addirittura fumi e odori (i camini per il riciclo dell'aria sono identici agli originali), sembra davvero di trovarsi alla Same. C'è proprio tutto: dai carrelli che portano i motori dei trattori agli innesti delle varie parti che vanno a comporre il mezzo. Tutt'intorno gli impianti riprodotti con estrema fedeltà, compreso, per esempio, il blocco di sicurezza in caso di incendio, con tanto di impianto antincendio che si attiva in automatico quando il sistema va «in stop», si accendono le luci gialle dell'allarme e dagli appositi tubi esce l'acqua per spegnere il (finto) rogo. La catena prosegue nel reparto della verniciatura e anche in questo caso il procedimento è stato riprodotto con minuziosi dettagli che sfiorano la genialità. Non manca la riproduzione dell'acquedotto simbolo della Same, che Ferla ha ricostruito in scala (nella realtà è alto 30 metri e svetta lungo l'ex statale Padana superiore a Treviglio) e lo ha reso trasparente, per mostrare che davvero, all'interno, c'è l'acqua che alimenta il plastico.

Una webcam collegata a una televisione permette di mostrare la fase di collaudo del «neonato» trattore: dai fanali - che funzionano davvero - alle ruote fatte girare sui rulli, proprio come nello stabilimento trevigliese. Dopodiché il mezzo è pronto e può uscire dalla catena. Un plastico che ha richiesto ore e ore di lavoro a Ferla, che ha recuperato un po' di materiale di scarto e un po' l'ha comprato. «Serve l'appoggio della famiglia per potersi dedicare a queste attività - spiega -. Per questo devo ringraziare mia moglie Antonietta». Ovviamente il lavoro è in continua crescita: il pensionato di Calvenzano ha appena cominciato a costruire il reparto gomme, ovviamente sempre Same.

Fabio Conti

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