«Il Ragno, le vittime tacciono»
Processo, pesano le intercettazioni

La banda del Ragno fa paura, le presunte vittime di estorsione e usura sono restìe a parlare e quando lo fanno è per scagionare. Ed è chiaro che in questa situazione «non c’è altra possibilità di ricostruzione».

La banda del Ragno fa paura, le presunte vittime di estorsione e usura sono restìe a parlare e quando lo fanno è per scagionare. Ed è chiaro che in questa situazione «non c’è altra possibilità di ricostruzione».

Il pm Maria Cristina Rota ha difeso così, a processo, le intercettazioni nei confronti di Giambattista Zambetti, detto Ragno, 57 anni, una quindicina dei quali passati dietro le sbarre per rapine e droga, originario di Spinone, tuttora detenuto nel carcere di via Gleno, ma con residenza a Esmate di Solto Collina, nella villetta blindata da cui nell’aprile 2013 era fuggito in mutande pochi attimi prima che irrompessero i carabinieri (s’era consegnato qualche giorno più tardi).

È un processo che si gioca sulle intercettazioni ambientali e telefoniche, quello che lo vede alla sbarra con la sorellastra Maria Teresa Rosa, 45 anni, di Aviano (Pd); Pietro Claudio Zenoni, 62, di Trescore;Alessandro Suardi, 60 , di Albano Sant’Alessandro; Mauro Giovè, 53, di Sovere, accusati a vario titolo di associazione per delinquere, estorsione, usura, ricettazione. I difensori lo sanno e hanno chiesto al collegio giudicante di estromettere quelle registrazioni.

Tutto su L’Eco di Bergamo del 17 settembre

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