Le mamme degli ultrà si sfogano:
«Figli innocenti, lo diranno i filmati»

Sono due madri agguerrite le signore Sonia e Patrizia, gettate in trincea da un arresto esploso in una vita perbene, passata nella normalità dell’anonimato. E difendono i loro figli, tifosi coinvolti nella vicenda scontri dopo Atalanta-Roma.

«Se fosse dimostrato che mio figlio ha lanciato le bombe carta, sarei la prima a dirgli che merita di stare in carcere. Ma così no. Lui ha giurato di essere al Baretto e di non aver partecipato agli scontri e 35 persone hanno testimoniato per confermarlo. Gli inquirenti facciano presto a mostrare i filmati delle telecamere di viale Giulio Cesare per capire se mio figlio e gli altri erano lì o no. Non capiscono che rischiano di tenere in cella degli innocenti?».

Sonia Bellomo è la madre di Luca Bonfanti, di Monterosso, 20 anni compiuti nei giorni scorsi, uno dei sei ultrà nerazzurri arrestati per gli scontri di Atalanta-Roma. Come gli altri finiti in manette, non è tra chi ha materialmente lanciato le bombe carta imbottite di bulloni. Ma il pm Giancarlo Mancusi contesta loro il concorso nella resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale, nel lancio di oggetti atti a offendere, nel danneggiamento e nella devastazione.

«Sono andato a visitarlo in carcere. L’unica frase che mi ha detto è: “Mamma, non ho fatto nulla, stavo solo bevendo una birra”», spiega la signora. «Sono scappati perché i carabinieri hanno caricato all’improvviso e c’era l’aria irrespirabile dei lacrimogeni, sparati tra l’altro ad altezza d’uomo», racconta un’altra mamma, Patrizia Franchioni, di Petosino, il cui figlio, Federico Radaelli, 18 anni, è ai domiciliari. «Quando la Digos li ha intercettati hanno alzato le mani. Gli ho detto: ma perché non sei scappato? Federico mi ha risposto che non aveva nulla da nascondere».

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