Processo Bossetti, sugli slip di Yara
«tracce evidenti» del Dna di Ignoto 1

Si è conclusa poco dopo le 18 di mercoledì 21 ottobre una delle udienze chiave del processo a carico di Massimo Bossetti, accusato di aver rapito e ucciso Yara Gambirasio. In aula ha deposto il comandante dei Ris di Parma, Giampietro Lago. Le prove in gioco: il Dna, le immagini in 3D del furgone e le fibre dei sedili.

La giornata odierna ha segnato l’ingresso in aula delle prove. Dopo le schermaglie su autopsia e tabulati telefonici, la battaglia tra accusa e difesa entra nel vivo su temi decisivi. Il colonnello Lago è testimone dell’accusa citato dal pubblico ministero Letizia Ruggeri. La Corte presieduta dal giudice Antonella Bertoja ha ascoltato solo lui per tutta la giornata.

La giornata

L’udienza si è aperta un po’ ritardo, verso le 9,50. Presente l’imputato, Massimo Bossetti, in jeans e felpa blu. Per la difesa c’è un consulente tecnico, Marzio Capra. In abito grigio e cravatta blu il colonnello Lago. Paolo Camporini, uno dei legali di Bossetti, ha chiesto in che veste viene ascoltato il comandate dei Ris di Parma, se come testimone o consulente, consulente è stata la risposta.

Sempre Camporini, non senza risentimento, si è lamentato di come alla difesa non siano stati ancora consegnati i «dati grezzi» sul Dna. Si tratta dei dati tecnici riguardanti i vari passaggi che hanno portato dalla traccia sugli indumenti di Yara alla decodificazione del Dna di Ignoto 1, risultato corrispondere a quello di Massimo Bossetti. I «dati grezzi» saranno a disposizione della difesa dal 26 ottobre, è stato comunicato.

Lago ha raccontato di aver iniziato a occuparsi del caso di Yara dal novembre 2010 con il sopralluogo nel centro sportivo di Brembate Sopra, l’ultimo luogo dove Yara è stata vista. Per le indagini sono stati utilizzati tutti e cinque i laboratori del Ris di Parma, ovvero chimico, tossicologico, merceologico, video-fotografico e microscopico.

Tra il pm Letizia Ruggeri e l’avvocato Camporini c’è stata tensione quando il legale di Bossetti ha chiesto che non siano utilizzate ai fini processuali tutte le affermazioni e le deduzioni del colonnello Lago relative agli accertamenti tecnici, alle analisi dei dati e alla stesura dei dati stessi ai quali il comandante dei Ris di Parma non ha partecipato direttamente, come emerge da vari documenti dell’inchiesta, nei quali non c’è la firma di Lago. Il pm ha replicato che «non c’è nessuna norma che sancisce questa inutilizzabilità. I documenti sono stati firmati da sottoposti del colonnello Lago che - come aveva sottolineato in precedenza li stesso - ha esercitato un’attività di «verifica e controllo» comunicando costantemente e direttamente con l’autorità giudiziaria. Del resto, ha ricordato il pm, il Ris ha effettuato 16 mila analisi del Dna ed era impossibile che Lago fosse presente a tutti i rilievi.

Il giudice Antonella Bertoja, che presiede la Corte, ha dato ragione con riserva al pm, nel senso che è ragionevole che vengano indicate le persone che hanno eseguito materialmente le indagini e, se necessario, verranno ascoltate. Per il momento l’intervento di Lago - che aveva il controllo del lavoro dei suoi uomini - è comunque sufficiente perché la sua relazione è stata di carattere generale.

Lago ha continuato il suo racconto presentando uno a uno i reperti dell’indagine e cosa è stato riscontrato su di essi. In sintesi, sul giubbetto di Yara è stato riscontrato soltanto il Dna di Silvia Brena, la sua insegnante di ginnastica. Su tutti gli altri indumenti nessuna traccia, né di saliva, sangue o liquido seminale. Non si è ancora però parlato degli slip. Se ne discuterà dopo la pausa, processo aggiornato a mezzogiorno.

Ai margini del processo si è saputo che il pm Ruggeri da un paio di settimane è seguita da un servizio di vigilanza dinamica, in pratica ci sono passaggi delle forze dell’ordine a casa sua, in procura, alla scuola della figlia, ovvero i principali luoghi frequentati dal pm. Questo perché sono comparse frasi minacciose contro di lei sui social network, dove peraltro il pm non è presente. Su input dei carabinieri, il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal prefetto ha deciso di assegnare al pm questa «scorta volante».

Nella ripresa dell’udienza, Lago ha parlato dei vari prelievi effettuati sugli slip, in prossimità di un taglio. Sono stati usati diversi kit che hanno dato sempre lo stesso risultato. In estrema sintesi, il comandante dei Ris di Parma ha spiegato come otto campioni sulla traccia rivelarono una «mistura» in cui era maggioritario il Dna femminile, quindi della vittima, mentre un nono rivelò «una percentuale dominante di un soggetto maschile», di Ignoto 1, presente in numerosi settori del reperto, un quantitativo ampiamente sufficiente, «di quantità e qualità interessante». In tutti i nove campioni il Dna maschile «si rivelò uguale». Sugli slip non sono state rinvenute tracce di saliva, né di liquido seminale. Il Dna è stato estrapolato dalle tracce di sangue sugli slip, anche se Lago non l’ha detto apertamente. Nuova pausa, stavolta più lunga, per il pranzo.

Il colonnello, a proposito del Dna, ha spiegato che «quando si ha il Dna nucleare, quello mitocondriale non viene studiato».

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