Il Forgnone in Valle Imagna sorgente per l’emergenza

Geologia. Il 2022 ha segnato la Bergamasca con una pesante crisi idrica. Così pesante che, in alcuni periodi, si è dovuti ricorrere a interventi straordinari, con l’acqua consegnata in alcune zone solo grazie a sacchetti o a rifornimenti con autobotti, e a regole altrettanto straordinarie, con i Comuni che hanno dovuto emettere decreti per limitare l’uso della risorsa idrica, l’oro blu per la sua importanza vitale in ogni settore.

Il 2022 ha segnato la Bergamasca con una pesante crisi idrica. Così pesante che, in alcuni periodi, si è dovuti ricorrere a interventi straordinari, con l’acqua consegnata in alcune zone solo grazie a sacchetti o a rifornimenti con autobotti, e a regole altrettanto straordinarie, con i Comuni che hanno dovuto emettere decreti per limitare l’uso della risorsa idrica, l’oro blu per la sua importanza vitale in ogni settore.

I prossimi anni non si prospettano migliori: gli eventi meteorologici estremi, come i periodi di siccità e le ondate di calore, connessi con il riscaldamento globale di origine antropica, saranno sempre più intensi, frequenti e duraturi. Gli scienziati lo dimostrano in modo inequivocabile, come i rapporti dell’Ipcc, il forum scientifico dell’Onu sui cambiamenti climatici, rivelano periodicamente. Le conseguenze per gli usi civili e produttivi della risorsa idrica saranno sempre più evidenti anche in una terra storicamente ricca d’acqua come la nostra. Ecco perché ogni sorgente, anche se piccola, diventa fondamentale per il futuro.

I periodi di siccità saranno sempre più intensi, frequenti e duraturi

È il caso di quella della grotta del Forgnone, situata tra i comuni di Rota d’Imagna e Brumano, con le sue acque gestite da Uniacque, uno dei principali gestori della rete idrica in Lombardia. L’estate scorsa, in piena emergenza, è diventata una fonte aggiuntiva di vitale importanza per rifornire la Valle Imagna. «Noi – ricorda Pierangelo Bertocchi, ad di Uniacque – abbiamo preso in gestione la grotta e le sue acque nel 2015. Fino ad allora la sorgente era collegata all’acquedotto principale della Valle Imagna. Non è una delle sorgenti migliori, ma è sicuramente molto interessante: per questo motivo l’abbiamo fatta studiare e valutare, con approfondimenti e verifiche, al fine di poterla utilizzare. Oggi questa sorgente non è sempre in rete ma è adoperata in caso di bisogno». Proprio com’è avvenuto durante l’emergenza idrica dell’estate 2022.

La grotta del Forgnone una fonte aggiuntiva di vitale importanza per rifornire la Valle Imagna

«Rispetto ai parametri previsti dalla legge – spiega Bertocchi – l’acqua del Forgnone è al limite e, dal punto di vista qualitativo, non si può sempre distribuire: per questo non è sempre in rete. Uno dei problemi principali è la facilità di intorbidirsi, perché quando piove si sporca subito. Quest’anno, però, a fronte dell’emergenza idrica siamo intervenuti per aumentarne la qualità e renderla così disponibile all’uso, controllando costantemente e puntualmente i valori e i parametri. È stata importante per rispondere alla siccità. Ora continueremo a controllare sempre di più questa sorgente, anche perché i cambiamenti climatici ci porteranno in modo crescente verso fenomeni come quello vissuto quest’estate: avremo bisogno di utilizzarla ancora».

Uniacque: preziosa l’estate scorsa, qualità dell’acqua sotto controllo

La sorgente del Forgnone, quindi, resterà ulteriormente monitorata, per essere utilizzata in caso di emergenza. «Non è certamente una fonte abbandonata – continua Bertocchi –, anzi è sotto la nostra costante attenzione. Rivelatasi molto utile quest’estate, non escludiamo, qualora fosse necessario e opportuno, di fare degli interventi per la torbidità, inserendo dei filtri per limitarla. Ricordo che la qualità di tutte le sorgenti ha bisogno di essere monitorata: si tratta, quindi, di un’azione normale. Il non costante utilizzo del Forgnone, poi, è dovuto anche alla posizione della sorgente su un pendio, non proprio agevole per operare: anche per questo motivo la sorgente, se non è necessario, non è in rete. Ribadisco, però, che, in caso di necessità, com’è quest’estate, la utilizzeremo ancora». «Quando lo è – conclude Bertocchi – la sorgente è immessa sulla rete principale della Valle Imagna, una delle aree che hanno più sofferto per l’emergenza idrica, perché, per la sua natura, ha poche sorgenti».

Lunga oltre 2,5 chilometri

La grotta, oltre che per la sua fonte d’acqua, è conosciuta e apprezzata anche per le bellezze dei suoi fenomeni carsici. Lunga oltre 2,5 chilometri, è oggetto di studi continui da parte del Gruppo Speleologico Valle Imagna, grazie a un permesso straordinario di Uniacque, che ne permette le uscite al fine di scoprirne i luoghi ancora inesplorati o meno conosciuti. «Il nome Forgnone viene da forno grande» racconta Franco Ravanelli, presidente del Gruppo Valle Imagna.

Le prime notizie speleologiche risalgono alla fine degli anni Venti del Novecento

La grotta, con un ampio androne d’ingresso sul confine tra Rota d’Imagna e Brumano, in località Val Vanzarolo, è ben conosciuta dai residenti. Le prime notizie speleologiche risalgono alla fine degli anni Venti del secolo scorso, in particolare a Edoardo Boesi in una lettera a L’Eco di Bergamo, datata 24 settembre 1927, e nella sua relazione presentata dal Gruppo Grotte di Bergamo e pubblicata negli Atti del primo Congresso Speleologico Lombardo (Iseo, 15 aprile 1928). La prima stesura della topografia risale agli anni ’30 e comprendeva circa 800 metri di sviluppo totale. Successive esplorazioni nel corso degli anni hanno permesso di arrivare ai grandi saloni terminali, che attualmente rappresentano il limite esplorativo a monte della cavità. La grotta fu chiusa nel 1998 per motivi di captazione delle acque, che venivano utilizzate, in caso di carenza, per alimentare l’acquedotto valligiano. Le stesse acque erano state usate in precedenza per muovere un generatore idroelettrico nel comune di Sant’Omobono Imagna.

Cavità conosciuta e apprezzata per la bellezza dei fenomeni carsici

Dal 2001 il Gruppo Speleologico Valle Imagna ha ripreso le ricerche lungo tutto il percorso conosciuto. «Il Forgnone – spiega Ravanelli – può essere diviso in tre parti: la forra, i Saloni e il Ramo fossile. La forra inizia subito dopo l’ampio androne d’ingresso e prosegue per circa 700 metri in linea d’aria fino a un ampio salone, caratterizzato da una cospicua cascata alta circa 15 metri, la Sala della cascata. I tre grandi Saloni terminali colpiscono per la loro ampiezza, sono collegati tra loro da gallerie di notevoli dimensioni e presentano imponenti fenomeni di crollo. Rispettivamente misurano 50, 40 e 65 metri di lunghezza, per una larghezza media di 20 metri». Il Ramo fossile inizia in corrispondenza di un importante bivio che s’incontra dopo circa 350 metri dall’ingresso ed è formato da una condotta che porta in un’ampia galleria, che termina in una grossa spaccatura con sifone di fango laterale, al di là del quale un salto di circa 10 metri conduce in una sala riccamente concrezionata. «Da ricordare – conclude Ravanelli – il Ramo nottole, all’inizio del Ramo fossile, caratterizzato da crolli e cedimenti della volta, ma anche da un notevole concrezionamento».

Nota dal Novecento, studiata dal Gruppo Speleologico Valle Imagna

La visita alla grotta, consigliata agli esperti, è possibile contattando il Gruppo Valle Imagna (Franco: 347 83 86 249) o lo Speleo Club Orobico ([email protected]).

A 780 metri di quota nell’area del calcare di Zu

La grotta del Forgnone si sviluppa interamente nel calcare di Zu. Si apre a 780 metri di quota e ha uno sviluppo di circa 2.600 metri, per un dislivello positivo di 173 metri. L’ingresso è a circa 900 metri a est della faglia denominata linea del Faggio-Morterone-Carenno. Il limite del calcare di Zu con la sottostante argillite di Riva di Solto avviene con un passaggio graduale, mentre superiormente il limite è generalmente netto. Da sempre attribuito al Retico, il calcare di Zu – costituito da alternanze spesso cicliche di calcari, marne e argilliti di colore da grigio a grigio scuro – è ora considerato Norico-Retico.

Colonna scenografica nel Ramo nottole

La sala terminale nel Ramo delle nottole, che si incontra all’inizio del Ramo fossile, è dominata da una scenografica colonna con un diametro superiore ai 2 metri. Il Ramo delle nottole è caratterizzato da un notevole concrezionamento.

Via l’acqua da un sifoncino

La galleria della fotografia precede un sifoncino che, a ogni passaggio, deve essere svuotato dell’acqua per mezzo di tubi. La sorgente del Forgnone è una riserva d’acqua in caso di carenza dovuta a lunghi periodi di siccità.

Concrezioni nella Sala della colata

Il secondo dei Saloni terminali della grotta del Forgnone è la Sala della colata: caratterizzata da uno spettacolare e diffuso concrezionamento, vi affiora a pelo libero il secondo corso d’acqua importante della cavità.

Ultimo salone, risalita senza uscita

Nel terzo e ultimo dei Saloni terminali, o Sala lunga, la risalita è stata provata, invano, nella speranza di trovare un nuovo ingresso. I saloni terminali costituiscono il limite esplorativo a monte della cavità.

Circa 350 cavità: una valle ricchissima di fenomeni carsici

Con circa 350 cavità oggi a catasto, la Valle Imagna è uno dei territori bergamaschi che presenta il più alto numero di grotte naturali. Le aree in cui si concentrano i più interessanti fenomeni carsici sono cinque: quella tra Valpiana (Costa Valle Imagna e Bedulita) e Cà Contaglio (Sant’Omobono Terme); del Palio sopra Brumano; delle Camozzere (tra Brumano e Rota d’Imagna); di Rota; tra la Val Marcia (Sant’Omobono) e Cà Todesk (Costa). Le grotte valdimagnine si caratterizzano per le concrezioni spesso insolite in Lombardia, per ritrovamenti di reperti archeologici o paleontologici localmente noti e per la presenza di rare specie di fauna sotterranea. Molti, inoltre, sono i corsi d’acqua che vengono assorbiti nel sottosuolo di queste cavità e le risorgenze che scaturiscono ai piedi della valle. Tre, infine, i tipi fondamentali di formazioni geologiche, che appartengono al Triassico, in cui si sviluppano queste grotte naturali: la dolomia principale, una roccia di colorazione chiara, non stratificata, particolarmente compatta e resistente; il calcare di Zu, costituito da rocce nerastre, marnose e ben stratificate; le argilliti di Riva di Solto, argilliti nere, impermeabili, limitanti spesso il bacino idrogeologico dei sistemi carsici.

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