Ritorno alla natura. Gli orti urbani sempre più diffusi

L’agricoltura urbana ha radici profonde, dall’antichità agli orti operai dei villaggi industriali, fino a quelli di guerra, quando anche le famiglie borghesi tenevano le galline sul terrazzo per garantirsi uova fresche. La necessità è calata nel corso del tempo, travolta dal consumismo, così che l’orto è stato visto come il passatempo dei pensionati di periferia.

L’agricoltura urbana ha radici profonde, dall’antichità agli orti operai dei villaggi industriali, fino a quelli di guerra, quando anche le famiglie borghesi tenevano le galline sul terrazzo per garantirsi uova fresche. La necessità è calata nel corso del tempo, travolta dal consumismo, così che l’orto è stato visto come il passatempo dei pensionati di periferia.

La crisi economica del 2008 ha rivalutato il fai da te e il chilometro zero, inducendo al recupero di aree dismesse e all’allestimento di orti per coltivare erbaggi e piante da frutta. Una vera e propria rivoluzione, che coinvolge anche una provincia sempre più urbanizzata come quella di Bergamo, aiutando a ristabilire l’indispensabile rapporto tra l’uomo, la terra e il cibo. Coltivare tra case e capannoni significa molto di più di zucchine fresche e insalatina, perché regala salute fisica e mentale. Gli orti, poi, sono diventati luoghi dove si tessono relazioni, perché giovani e anziani si incontrano per condividere un impegno comune.

Una legge regionale

Un’inchiesta di otto pagine sugli orti urbani si può leggere su eco.bergamo, la rivista di ambiente, ecologia, green economy in edicola domenica 13 marzo gratis con L’Eco di Bergamo (resta poi disponibile nella sezione Edizione Digitale di questo sito). I Comuni bergamaschi che attrezzano aree e le mettono a disposizione dei residenti sono sempre più numerosi. Regione Lombardia ha varato, nel 2014, una legge con cui sono stati cofinanziati 397 orti «didattici, urbani e collettivi per diffondere la cultura del verde e dell’agricoltura, sensibilizzare le famiglie e gli studenti sull’importanza di un’alimentazione sana ed equilibrata, divulgare tecniche di agricoltura sostenibile, riqualificare aree abbandonate, favorire l’aggregazione sociale, nonché lo sviluppo di piccole autosufficienze alimentari per le famiglie». Nel capoluogo il 71 per cento degli orti sono urbani, cioè assegnati a singoli o famiglie con un bando comunale, quelli collettivi, gestiti da gruppi di cittadini e associazioni, sono il 21 per cento, quelli didattici l’8 per cento, per un totale di 12.250 m². eco.bergamo contribuisce a definire una mappa degli orti della città, basata sui dati forniti dal Comune di Bergamo, e della provincia, ricavata dal sito www.bergamogreen.net e da ricerche redazionali. La ricostruzione è sicuramente incompleta, perché un censimento degli orti in provincia non esiste ancora: chi volesse segnalare orti urbani, collettivi, didattici non indicati su questa prima mappa può scrivere all’indirizzo [email protected].

Le istruzioni dell’agronomo

L’inchiesta comprende le istruzioni per coltivare gli orti suggerite dall’agronomo Marco Zonca. La larghezza delle aiuole dipende da chi le coltiva: 50 cm per gli orti didattici, 100 per gli altri. Si zappa, pianta e raccoglie solo dai camminamenti, coperti con paglia, legno o sassi. Tenere più varietà mette al riparo dai danni che possono distruggere le monocolture. L’acqua per l’irrigazione deve essere nebulizzata, perché possa arrivare leggera sul terreno. All’Orto Solidale di Ranica la verdura appena colta si griglia sul barbecue per farla assaggiare agli allievi delle scuole in visita. Gli orti dell’Azzanella in città ospitano l’esecuzione penale di lavori socialmente utili. A Treviglio il giardino dell’orfanotrofio è stato recuperato grazie al progetto di due universitari. Nell’orto biologico non può mancare una zona dedicata ai fiori: attirano gli insetti impollinatori, minacciati dal ricorso massiccio ai pesticidi, e allontanano lumache e afidi. La salute dell’uomo passa da quella dell’ambiente.

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