Sospensione senza retribuzione?
Il giudice dà ragione al lavoratore

A casa per mesi, senza percepire la retribuzione, in attesa che la cooperativa trovasse una nuova attività in cui impiegarlo: è la vicenda di M. A., 32enne marocchino, che ha lavorato come operaio facchino/pulitore dall'ottobre 2006 al marzo 2009.

A casa per mesi, senza percepire la retribuzione, in attesa che la propria cooperativa trovasse una nuova attività in cui impiegarlo: è la vicenda di M. A., trentaduenne di nazionalità marocchina, che ha lavorato come operaio facchino/pulitore dall'ottobre 2006 al marzo 2009 in un'azienda di Vertova, per conto di una cooperativa di Bergamo, che lo aveva assunto a tempo indeterminato.

Solo che, a fine settembre del 2008, l'azienda presso cui l'operaio lavorava ha comunicato che, per mancanza di lavoro, avrebbe fatto a meno della cooperativa.

Con una sentenza a lui favorevole, pronunciata il 22 settembre scorso dal giudice Giuseppina Finazzi del Tribunale di Bergamo, viene aperta una breccia nella “cattiva” consuetudine di molte cooperative. Il lavoratore, rimasto senza lavoro, si era rivolto all'Ufficio Vertenze Cgil di Bergamo. Il ricorso era stato depositato il 30 giugno 2009.

Secondo quanto ricostruito e riferito nella sentenza, “la cooperativa disse al ricorrente ‘…di stare a casa in attesa di lavoro'. Il ricorrente ha sollecitato più volte il rientro, ma non è mai stato richiamato”. Durante quest'attesa, però, la cooperativa ha assunto altre persone da inviare a lavorare in un'altra ditta. Ora, il giudice sottolinea che “dal punto di vista del diritto”, “la legittimità o meno delle sospensioni dal lavoro unilateralmente disposte dall'imprenditore, inerendo ad un rapporto con prestazioni corrispettive, deve essere valutata alla stregua delle norme in tema di sopravvenuta impossibilità temporanea della prestazione lavorativa e soltanto quando quest'ultima sia divenuta inutilizzabile, non nell'aspetto economico o per deficienze di programmazione, di previsione o di organizzazione aziendale, bensì per un fatto sopravvenuto non prevedibile, il datore di lavoro non incorre in responsabilità per l'unilaterale sospensione da lui disposta e non è tenuto al pagamento delle retribuzioni per il periodo di sospensione (…). È appena il caso di chiarire che questi principi operano con riferimento a qualsiasi rapporto di lavoro di natura subordinata, anche nel caso in cui, come in quello in specie, il lavoratore sia socio di una cooperativa (si tratta, infatti, di principi inderogabili).

“Dunque, anche per i soci lavoratori di cooperativa non è legittimo essere sospesi dal lavoro senza retribuzione” spiega Carmelo Ilardo, responsabile dell'Ufficio Vertenze della Cgil di Bergamo. “È comune sentire ed è ritenuto pacifico da molti che un socio di cooperativa possa essere lasciato a casa senza stipendio in attesa di tempi migliori. Questa sentenza dice che è consuetudine sbagliata. Da tempo come Ufficio Vertenze abbiamo deciso di smascherare le false cooperative nell'ambito della lotta al precariato ed al lavoro nero. Ma anche nei casi in cui non si entri nel merito della bontà o meno dell'utilizzo della formula cooperativistica, come in questa sentenza, troviamo casi di cattive consuetudini che vogliamo cominciare a sradicare”. In questa vicenda, il giudice ha previsto “il diritto del ricorrente alla retribuzione per l'intero periodo di sospensione del rapporto di lavoro sino alla data di interruzione dello stesso” (il lavoratore dopo mesi, infatti, si era dimesso, stanco di aspettare).

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