Licenziati nelle piccole aziende
In 8 mila perdono gli incentivi

La legge di stabilità ha cancellato la norma che consentiva alle aziende che riassumevano lavoratori in mobilità di aziende con meno di 15 dipendenti, di usufruire di incentivi. Nella Bergamasca coinvolti 8 mila lavoratori.

Si profila un altro duro colpo al mercato del lavoro, in un momento già di per sé drammatico. La legge di stabilità, approvata a fine dicembre, ha infatti cancellato una norma cruciale, che consentiva alle aziende che eventualmente riassumevano lavoratori in mobilità di aziende con meno di 15 dipendenti, (liste della legge 236/93) di usufruire di incentivi, con una riduzione degli oneri previdenziali. Un provvedimento che, oltre a colpire chi sta ricorrendo a un ammortizzatore, crea ulteriori problemi ai disoccupati che non percepiscono alcun sostegno al reddito e penalizza le imprese disponibili ad assumere in un momento così difficile.

La mancanza di una proroga rischia dunque di ridurre le possibilità di nuove assunzioni o di stabilizzazioni di contratti a termine per i lavoratori di queste imprese che sono nettamente la maggioranza del panorama economico, oltre il 70% del totale anche in Bergamasca. «Ad essere colpiti - spiega Orazio Amboni, responsabile welfare della Cgil bergamasca - sarebbero proprio i lavoratori più deboli, ovvero quelli delle piccole aziende più esposte alla crisi, lavoratori che avranno maggiori difficoltà a trovare una nuova occupazione».

Un provvedimento che in Bergamasca interessa, come detto, una larga fascia di lavoratori: «solo nel 2012 infatti - puntualizza Amboni - sono stati 6.694 i lavoratori licenziati entrati nelle liste di mobilità ai sensi della legge 236, pari al 73,5% del totale, a cui vanno aggiunti i 476 approvati in gennaio». Numeri già molto significativi, ma non del tutto esaustivi, perché riguardano solo il cosiddetto «flusso», ossia gli ingressi in mobilità, senza rivelare quanti sono attualmente nelle liste: «Un numero approsimativo dovrebbe superare le 8 mila unità», precisa Amboni.

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 31 gennaio

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