Bergamo e i riders, Cisl: non ci sono tutele
Cgil: serve un compenso minimo garantito

Ancora oggi la maggioranza di loro lavora con l’utilizzo di piattaforme elettroniche e è priva di tutele minime. Le posizioni dei sindacati sul lavoro dei riders, sempre più attivo anche nella Bergamasca.

«Una sentenza della Corte d’appello è stata depositata; un Contratto Nazionale del Lavoro firmato dalle Organizzazioni Sindacali più rappresentative pure; l’attenzione della politica è un po’ scemata, ma come sempre succede è un flusso alternato che si rialzerà secondo i tempi e i temi della cronaca, meglio se nera. Fatto sta che sulla questione dei diritti e delle tutele dei riders, ovvero di chi quotidianamente consegna pasti a domicilio ( o che pedala anche per altri servizi) passi avanti significativi non ce ne sono stati». Antonio Scaini, segretario generale di Fit Cisl Bergamo, legge con molta preoccupazione i dati che una indagine aperta dalla Procura di Milano ha sollevato sul fenomeno dei ciclofattorini: «Ancora oggi la maggioranza di loro lavora con l’utilizzo di piattaforme elettroniche e è priva di tutele minime. Il Ccnl Logistica e Trasporti viene applicato in una percentuale bassissima; moti vengono pagati a consegna, con ritenuta d’acconto, quando va bene, senza assicurazione, ferie, malattia».

Qualcuno ha anche lanciato l’idea dello «sciopero della cena a domicilio», soprattutto nelle città maggiori dove il «fenomeno» è ormai tanto evidente che finisce anche per rappresentare un pericolo alla circolazione di pedoni, automobilisti e altri ciclisti: «Queste persone, in alcuni casi anche immigrati non in regola, si sono rese responsabili, o corresponsabili, di incidenti, dettati dalla fretta che devono mettere nel loro lavoro per poter sperare in una paga dignitosa».

A Bergamo, l’ultimo monitoraggio possibile ha stimato in centinaia le persone che a vario titolo e con diverse tempistiche sono reclutate come riders : «Principalmente sono giovani di età compresa tra i venti e i trent’anni, di sesso maschile e italiani anche se non manca qualche componente femminile o straniera. Molte volte si tratta di studenti lavoratori».

Per il sindacato diventa difficile, se non impossibile, relazionarsi con queste tipologie di lavoratori: «A oggi non abbiamo incontrato un lavoratore che ci abbia portato il contratto da controllare. Tutti ritengono che avvicinare un sindacalista comporti automaticamente perdere il lavoro - continua Scaini –, e che guadagnare poco più di 3 euro all’ora sia in molti casi meglio che niente, anche se questo può costare incidenti o anche altri guai per la salute. Le tipologie di storie che abbiamo incontrato raccontano di false partite iva che prendono 4 euro lordi a consegna, ma soprattutto di una guerra tra poveri nella quale ognuno non aspetta altro che un “collega” si faccia male o non risponda alla App per “fregargli” la consegna. Anche questo porta alle nefaste conseguenze degli incidenti stradali con i fattorini delle nostre cene”.

Fit Cisl Bergamo chiede che anche a livello locale si cominci a lavorare dal «modello Toscana», dove le sigle sindacali, istituzioni e aziende hanno messo a punto un modello di buone pratiche utili a far crescere consapevolezza e dignità nel rapporto di lavoro. «Con l’applicazione del contratto nazionale e, possibilmente, con accordi territoriali appositi, sarebbero garantiti la tutela assicurativa e previdenziale, l’inquadramento professionale. Nella settimana che dedichiamo alla sicurezza sul lavoro, poi, sarebbe opportuno segnalare come, con apposite intese, l’abbigliamento per lavorare in sicurezza, dal caschetto alle ginocchiere, debba essere fornito dall’agenzia. Purtroppo - conclude il sindacato -, in questa corsa alla perdita di dignità concorrono un po’ tutti…compresi i clienti».

Sul tema delicato anche la Cgil: «Da tempo osserviamo il fenomeno e cerchiamo di avvicinare i lavoratori per capire quanto questa precarietà finisca con l’essere sfruttamento vero e proprio e per capire cosa fare per tutelarli» ha detto Francesco Chiesa di Nidil Cgil e Toolbox di Bergamo. «Il 22 ottobre dello scorso anno, insieme ad alcuni rider, siamo stati ospitati in Consiglio Comunale a Bergamo per un confronto proprio sulle loro tutele: sul tema in quell’occasione si è discusso un ordine del giorno presentato da sedici consiglieri comunali della maggioranza».

La maggior parte dei rider incontrati da Nidil Cgil a Bergamo «sono di origine straniera, con un’età molto varia, dai 18 fino anche ai 50 anni. Sono tutti lavoratori autonomi e chi lavora da almeno un anno è stato obbligato ad aprire Partita Iva - prosegue Chiesa -.Anche quest’estate la Cgil si è confrontata con loro, ancora una volta girando per le strade in bicicletta. Le richieste che dai rider ci arrivano riguardano soprattutto il tema della sicurezza: sia chi lavora per Deliveroo che per Glovo è titolare di un’assicurazione privata che però giudichiamo assolutamente inadeguata. Altra richiesta è quella di eliminare il solo sistema di pagamento a cottimo, cioè a consegna: non si ha, infatti, la garanzia di essere pagati per le ore in cui ci si rende disponibili. Quello che servirebbe è un compenso minimo orario garantito».

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