Caro energia, mangimi e concimi: zootecnia orobica in ginocchio

Allevamento Per un’azienda con 200 capi previsto l’aumento di 180 mila euro l’anno dei costi di produzione. «Abbiamo i prezzi bloccati, ora lavoriamo sottocosto».

Il caro energia e il sensibile aumento del costo delle materie prime stanno mettendo in ginocchio il settore zootecnico . Nell’allevamento dei bovini i costi sono aumentati, in media, del 50 per cento. Gli incrementi maggiori, oltre a metano ed energia elettrica, sono rappresentati dai mangimi, con il costo del mais che è letteralmente schizzato da 17 a 35 euro al quintale. Nel frattempo è raddoppiata anche la quotazione di concime chimico e si devono fare i conti con il rincaro del gasolio da autotrazione, indispensabile per muovere le macchine agricole.

Calcoli alla mano, se nei mesi scorsi allevare un bovino da latte richiedeva circa 5 euro al giorno, oggi siamo saliti a 7,5 euro , mentre per i capi da carne si è passati da 1,8 euro a più di 2.5. Prendendo come campione un’azienda di 200 capi, nel primo caso si ritrova a dover sborsare 500 euro in più ogni giorno, che moltiplicati per 365 superano i 180 mila euro annuali. Nel secondo caso gli imprenditori agricoli si ritrovano con un incremento di 140 euro al giorno, che per 12 mesi raggiunge i 50 mila euro. Le attività faticano a far quadrare i conti e chiedono interventi urgenti al governo per sostenere il comparto ed evitare la chiusura .

Le attività faticano a far quadrare i conti e chiedono interventi urgenti al governo per sostenere il comparto ed evitare la chiusura

L’azienda agricola Santinelli di Bergamo si occupa della linea vacca vitello, nella quale il latte viene utilizzato per lo svezzamento dei piccoli. «Ha iniziato il mio bisnonno e oggi sono già operativi in azienda i miei figli, che sono la quinta generazione – conferma Angelo Santinelli, che oggi alleva un centinaio di capi -. Fino agli anni Novanta producevamo latte, ma poi abbiamo scelto di dedicarci all’allevamento con vendita e autoproduzione di mais, orzo, fieno e paglia». Una decisione strategica che ha permesso di contenere i costi dei mangimi, con aumenti nell’ordine del 30%.

«L’azienda fa parte del consorzio «La Granda», come presidio Slow Food , e vendiamo la nostra carne principalmente alle famiglie, un mercato di nicchia che ci premia maggiormente – conclude Santinelli -. Certo è che molte materie prime sono raddoppiate, senza un’adeguata quotazione del prodotto finale . Teniamo duro e cerchiamo di lavorare con lo shop aziendale, i mercati e le forniture ai ristoranti».

Per tutte le imprese il problema più grosso da gestire è rappresentato proprio dai maggiori costi di produzione , che non vanno di pari passo con un adeguato aumento del prezzo finale. «Tutti i settori produttivi hanno registrato importanti rincari, ma in molti casi li hanno subito girati all’acquirente – fa presente Davide Facchinetti dell’azienda agricola Facchinetti Eliseo di Trevglio , che rappresenta la quarta generazione e alleva 800 bovini -. Noi abbiamo prezzi bloccati e costi di gestione lievitati, di conseguenza stiamo lavorando sottocosto. Così non possiamo più andare avanti, cerchiamo di risparmiare su alcune voci aziendali, ma di fatto compriamo a + 50% rispetto agli anni scorsi e vendiamo la nostra carne allo stesso prezzo direttamente ai macelli». I margini sempre più risicati sono un fenomeno che si trascina da diversi anni, ma a causa degli ultimi rincari è diventato insostenibile. «Vogliamo far sentire la nostra voce, in modo che il governo ponga maggiore attenzione la categoria – conclude Davide Facchinetti -. Da un lato occorre intervenire sui costi di energia, mangimi e gasolio da autotrazione, ma dall’altro occorre considerare che sono in arrivo importanti dal Pnrr»

«Così non possiamo più andare avanti, cerchiamo di risparmiare su alcune voci aziendali, ma di fatto compriamo a + 50% rispetto agli anni scorsi»

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