C’era una volta l’Eden del lavoro
In sei mesi altre 4.300 mobilità

C’era una volta l’Eden del lavoro, e si trovava in provincia di Bergamo. Correva l’anno 2008 e su una forza lavoro di 483.000 abitanti, erano 469.100 quelli occupati, e il tasso di disoccupazione era, come si diceva, “fisiologico” e fermo al 3%. Scrive la Cisl: in sei mesi altre 4300 mobilità.

C’era una volta l’Eden del lavoro, e si trovava in provincia di Bergamo. Correva l’anno 2008 e su una forza lavoro di 483.000 abitanti, erano 469.100 quelli occupati, e il tasso di disoccupazione era, come si diceva, “fisiologico” e fermo al 3%.

Cambio di scena, spiega la Cisl: a fine 2013 il numero di occupati scende di oltre 6000 unità, mentre sale la platea della forza lavoro a quasi mezzo milione di abitanti. La disoccupazione esplode e tocca cifre mai pensate: 7,4 quella generale, 29,4 quella dei giovani tra i 15 e 29 anni (cinque anni fa era dell’8,5). Nell’ultimo quinquennio, la crisi economica sembra aver colpito quasi esclusivamente l’occupazione maschile (-4,5% dal 2008 al 2013).

Oggi sono 36.900 i bergamaschi che cercano lavoro a queste latitudini. E a costoro si aggiungono periodicamente quelli che dal lavoro vengono estromessi, chi in modo definitivo, chi facendo i doverosi passaggi tra i vari ammortizzatori sociali. Tra questi, nel corso dei primi mesi del 2014, ci sono le 2621 domande di mobilità approvate nelle piccole imprese (quelle che seguono la legge 236) e i 1725 lavoratori delle aziende medio – grandi.

“Lo potremmo leggere come un dato positivo, se non cozzasse contro la tragedia di famiglie che, spesso, perdono l’unico sostentamento – è il pensiero di Giacomo Meloni, segretario provinciale Cisl. Ma il dato di fine giugno confermerebbe una sorta di rimbalzo nel trend di questa crisi: nell’anno scorso i licenziamenti sono stati all’incirca 1000 in più. È naturalmente un calo da verificare, e anche confermato non ci lascerebbe particolari entusiasmi. Il tessuto occupazionale della nostra provincia esce fortemente ridimensionato da questa crisi, e ormai non possiamo più nasconderci nell’attesa che la crisi finisca: dobbiamo prendere d’anticipo un’ eventuale ripresa, e dotarci di strumenti e operatività che sappiano fornire risposte adeguate alla fame di lavoro che dal 2008 attanaglia la nostra provincia”.

La Cisl lo ripete da tempo: negli ultimi anni non c’è stato un governo politico del territorio autorevole, forte, che abbia avuto uno straccio di idea dal punto di vista strategico. Questa lunga fase di crisi ha portato a un territorio più povero, che offre poche opportunità occupazionali. “Occorre ripartire con politiche virtuose, ma si fa fatica ad arrivare a scelte strategiche”.

Oggi, è l’idea della Cisl orobica, serve un osservatorio serio e concreto che riesca a costruire un modello di rapporti annuali sui fabbisogni occupazionali e professionali delle imprese bergamasche, “ un bisogno importante, perché altrimenti rischiamo di avere aziende che non trovano addetti e ragazzi che non trovano lavoro”.

Sempre più necessaria, avverte Meloni, è inoltre una riforma complessiva dell’istituto della Formazione: “quella che si è fatta finora, non sempre ha corrisposto infatti alle necessità del mercato del lavoro pur asfittico di questi anni. La Cisl ha dato la piena disponibilità ad avviare azioni concrete rivolte come nel passato a dare contributi e proposte affinché il pendolo fra occupazione e disoccupazione penda più a favore della prima”.

La Cisl di Bergamo ritiene che sia tempo di pensare e di agire sulla formazione in modo diverso dal passato, in ragione proprio delle esperienze non sempre positive maturate in questi anni, su almeno tre fronti: un maggior intreccio fra le azioni formative e i servizi al lavoro, i centri per l’impiego; rendere più vincolante in tema di politica attiva del lavoro il sostegno al reddito degli ammortizzatori sociali, con la formazione e la ricollocazione; un investimento in ricerca sul modello di quello svolto da Excelsior, di quali mansioni all’interno dei settori in sviluppo nei prossimi anni sono previste in crescita a Bergamo e provincia.

“Quest’ultimo aspetto – conclude Meloni - permetterebbe di intrecciare una adeguata politica di formazione con le opportunità offerte dal mercato del lavoro, l’investimento necessario potrebbe vedere il contributo di pubblico e privato, indirizzando risorse pubbliche in modo meno dispersivo di quanto fatto nel passato su consulenze verso un osservatorio che ha dato scarsi se non nulli risultati occupazionali”.

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