Come proteggere il prodotto italiano
Etichetta salva salame Made in Bergamo

Più trasparenza per quanto riguarda l’origine di salami, mortadella, prosciutti e culatello dopo il libera dell’Unione Europea all’etichetta Made in Italy.

Il provvedimento è arrivato dopo la scadenza del cosiddetto termine di «stand still», il periodo di «quarantena» di 90 giorni dalla notifica entro il quale la Commissione avrebbe potuto fare opposizione allo schema di decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate.

In questo modo – evidenzia Coldiretti Bergamo – sarà più facile smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana come chiede il 93% dei cittadini che ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti, secondo l’indagine on line del Ministero delle Politiche agricole.

«La nostra organizzazione – sottolinea il direttore di Coldiretti Bergamo, Gianfranco Drigo - ha fortemente sostenuto questo provvedimento che rappresenta una boccata di ossigeno per il comparto – una realtà che in provincia di Bergamo conta circa 312.000 suini, pari al 7% del patrimonio lombardo - già alle prese con una diminuzione dei consumi a causa della chiusura del canale ho.re.ca. per il lockdown, ma anche per tutti i cittadini che hanno il legittimo desiderio di sapere l’origine dei cibi che portano in tavola».

Questa novità infatti è importante perché garantirà trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani che almeno qualche volte a settimana portano in tavola salumi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, ma anche perché contribuirà a sostenere i 5mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale, per salvare il prestigioso settore della norcineria che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi.

Secondo un’analisi Coldiretti, dall’inizio dell’emergenza sanitaria le quotazioni dei maiali tricolori si sono quasi dimezzate e scese a poco più di un euro al chilo, mettendo a rischio le imprese e, con esse, la prestigiosa norcineria Made in Italy a partire dai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele prodotti in Italia. A preoccupare è l’invasione dei cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy.

Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.

Le informazioni in etichetta

Quando il decreto sui salumi sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale e quindi sarà operativo, i produttori dovranno indicare in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: «Paese di nascita»: (nome del paese di nascita degli animali); «Paese di allevamento»: (nome del paese di allevamento degli animali); «Paese di macellazione»: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali).

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: «Origine: (nome del paese)».

La dicitura «100% italiano» è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: «Origine: UE», «Origine: extra UE», «Origine: Ue e extra UE».

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