Giulio, il coraggio di essere giovane

Non mi sono mai trovato, come ricercatore, in una posizione tanto difficile come quella di Giulio Regeni, il ricercatore italiano seviziato e ucciso al Cairo. Non ho mai avuto per le mani, come dev’essere invece accaduto a lui, delle informazioni considerate talmente pericolose da indurre forze occulte di un grande Paese come l’Egitto a chiudermi per sempre la bocca dopo giorni di torture. Come appunto è avvenuto a Giulio.

Non mi sono mai trovato in una situazione simile, ma non faccio fatica ad immaginare l’eccitazione mista alla paura che devono aver accompagnato le ultime settimane della vita di quel ragazzo. Immagino che l’eccitazione sia nata dalla sensazione di essere finalmente sulla pista giusta, di aver trovato il bandolo di una matassa intricata, di essere vicino a rivelare una verità fino ad allora nascosta e a molti sgradita.

Come gli investigatori in un romanzo giallo, i ricercatori sociali o i giornalisti che vanno su campi difficili, dove la menzogna e l’inganno sistematico sono la regola aurea, cercano di capire come stiano davvero le cose, quali siano gli aspetti della realtà meno visibili e scontati, quali motivi reconditi stiano dietro questa o quella decisione, questo o quel comportamento.

Non è un mestiere facile se non altro perché non lo si fa a casa propria (anche se non necessariamente in luoghi esotici), perché è necessario conquistarsi la fiducia delle persone che poi forniranno le informazioni, perché è indispensabile controllarne l’affidabilità e la precisione, perché in tanti (un governo, ma anche una casa farmaceutica o una setta) cercano di metterti i bastoni tra le ruote, di farti andare via, di intimorirti. E perché è necessario avere tempo, aspettare per giorni o per mesi di scovare la pista giusta, di imbroccare la direzione esatta. Esattamente come avviene nei romanzi polizieschi. Solo quando finalmente arrivano i primi risultati e la verità si avvicina ecco che allora arriva l’entusiasmo, che giunge quella gioia che dà la forza per proseguire il lavoro.

A pensarci bene in questa passione che gli antichi greci chiamavano «parresiastica» risiede la sostanza di una delle più straordinarie virtù civili: quella di rivelare ad una comunità, ai propri amici, a tutti una verità che in molti non vogliono sentire, che per tanti è dolorosa e dannosa. E di essere disposti, pur di non rinunciare a quel gesto, non solo a non ricevere nessun guadagno particolare, ma anche a mettere a repentaglio la propria esistenza, a rischiare la vita.

Spesso sono i giovani ad imbarcarsi in queste imprese. Lo ha ricordato in questi giorni un importante studioso del mondo islamico come Oliver Roy, che ha candidamente ammesso che i ragazzi come Giulio danno un «contributo fondamentale» alla ricerca sociale. «Sono quelli – ha detto Roy - che si immergono nella realtà che li circonda. Sono pieni di passione e di voglia di fare. Portano conoscenze fondamentali su cui poi noi professori ci basiamo. Ci fidiamo di loro perché vanno a fondo: io e molti miei colleghi non abbiamo più il tempo e il modo di andare al Cairo e passare un mese nelle periferie per capire cosa pensa la gente. Giulio Regeni e quelli come lui avevano questa possibilità. Il lavoro vero è il loro, non il nostro. Senza persone così non ci sarebbe ricerca vera, ma solo paludati convegni».

Una vicenda terribile come quella di Giulio mi spinge a pensare non solo che non bisogna darla vinta ai suoi assassini, che non bisogna lasciare prevalere il realismo della diplomazia sullo sconcerto e l’indignazione democratica che l’omicidio di Giulio ha suscitato in tutti noi. Ma anche che, dall’esempio di questo nostro giovane connazionale, bisogna come ricercatori e come giornalisti trarre coraggio. E dedicarci, con zelo molto maggiore di quello di cui siamo sinora sembrati capaci, a battere piste inedite, a scrivere saggi scomodi, a far arrabbiare i potenti.

Dobbiamo reagire di fronte a chi pretende di spaventarci, aumentando la sfrontatezza, accrescendo l’audacia, aguzzando la penna. Solo così onoreremo la memoria di quelli come Giulio e insieme difenderemo un’attività come quella della ricerca libera, indispensabile alla democrazia come l’aria agli esseri umani.

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