I nodi della Lombardia
e quelli dei partiti

Dopo ipotesi, annunci, rinvii e rimpasti quasi infiniti la Lombardia ha una nuova Giunta. In realtà le modifiche sono abbastanza ridotte dal punto di vista quantitativo: 3 assessori nuovi su 16. Ma qualitativamente parlando la seconda fase della presidenza di Attilio Fontana assume dei contorni ben diversi. Come ampiamente prevedibile, Giulio Gallera, contestato assessore al Welfare e Sanità, ha passato la mano. Obtorto collo, va detto. Vero che quello che si è abbattuto sulla Lombardia è stato uno tsunami impossibile anche solo da immaginare.

Ma lo è pure il fatto che Gallera non ha fatto molto per evitare ulteriori problemi e scivoloni in serie. Il più recente, quello sull’avvio della campagna vaccinale, in realtà conta poco: il suo destino era già ampiamente segnato. Di certo l’avvicendamento non risolve così, sic et simpliciter, tutti i problemi che la sanità lombarda ha evidenziato in questa drammatica fase, soprattutto sul versante della medicina di territorio.

Al suo posto c’è ora Letizia Moratti ed è una nomina di peso, magari non rientrante in quelle «nuove forze fresche» citate ieri da Fontana, considerato il suo chilometrico curriculum, ma sicuramente d’esperienza. Di certo non è un soggetto abituato a fare il vice ma a giocare sempre da protagonista: da Palazzo Marino all’Expo, dalla Rai al governo Berlusconi passando per la stessa Ubi, tutti ruoli da primattrice. L’attende una sfida decisamente difficile: da un lato gestire e organizzare una fase decisiva come quella della somministrazione dei vaccini Covid, dall’altra mettere mano a quei problemi che si sono ben palesati (in taluni casi semplicemente acuiti) in una sanità lombarda che rimane comunque di livello.

Il primo obiettivo deve essere necessariamente a breve termine, per il secondo non bastano sicuramente i due anni (e poco più) che mancano al ritorno alla urne. Il che sposta necessariamente l’orizzonte del suo agire politico più in là della scadenza del Fontana I. Potrebbe essere il candidato del centrodestra in una Regione guidata ininterrottamente dal 1995? Probabilmente sì, con buona pace di Fontana che in realtà non è mai sembrato granché interessato ad un secondo mandato.

Il problema per il presidente lombardo potrebbe invece paradossalmente arrivare dal fuoco amico, quello di Matteo Salvini che ha giocato molto pesantemente in questa partita, ottenendo come primo risultato anche il ritorno in campo di un Silvio Berlusconi mai visto così interessato alle vicende lombarde e pronto a rivendicare la Moratti come una propria scelta. Salvini gli ha risposto avallando da un lato il nome dell’ex sindaco di Milano (anche se la teoria del manager come panacea di tutti i mali sa un po’ di centrodestra d’antan), dall’altro mettendo in squadra due fedelissimi come Alessandra Locatelli, già ministro, e soprattutto Guido Guidesi. Per questo lodigiano molto concreto e poco appariscente è stato disegnato un assessorato allo Sviluppo economico che gestirà anche la fondamentale partita del Recovery fund. Insieme all’assessorato al Bilancio guidato dal granitico (e leghista) Davide Caparini costituirà un’autentica linea Maginot nella Giunta: volente o nolente si dovrà passare da qui.

I problemi, volendo vedere, sulla carta ora sono tutti di Fontana da un lato messo «sotto tutela» (commissariato magari è troppo, ma la sostanza non cambia molto) dai suoi e dall’altro alle prese con una Moratti che non pare proprio destinata, né tantomeno rassegnata, ad un ruolo di secondo piano. Sullo sfondo una Lombardia piegata dal virus che aspetta di ripartire e non può permettersi altri passi falsi. Tantomeno dalla Regione e tantomeno per diatribe interne o meri calcoli elettorali. Non sarebbe mai il tempo, non lo è proprio ora.

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