Inossidabile Berlusconi
L’ultima rinascita

Quando nel novembre del 2011 Berlusconi, presidente del Consiglio dimissionario, fu costretto a lasciare Palazzo Grazioli da un’uscita secondaria per sfuggire (parola del «Fatto quotidiano») alla «contestazione con cori e monetine in stile Hotel Raphael», quell’uscita di scena ingloriosa era sembrata il sigillo finale di una carriera franata nell’impopolarità. Tutti pensarono allora che la parabola politica del monopolista delle tv fosse definitivamente conclusa. Già allora, però, l’essere stato protagonista assoluto per un intero ventennio della scena politica nazionale lo aveva candidato ad entrare nella storia del Novecento come un unicum assoluto non solo per l’Italia, ma per l’intero Occidente.

C’era stato, è vero, il precedente di «uomini qualunque» che avevano dato vita ex novo ad un proprio partito. Gli esempi più illustri sono stati: da noi Gugliemo Giannini negli anni Quaranta, in Francia Pierre Poujade negli anni Cinquanta. Tutte meteore, comunque, presto sparite nel nulla senza lasciare traccia di sé e senza aver inciso nella politica del proprio Paese. Non sono mancati anche magnati decisi a scendere in politica. Il caso più illustre è costituito dal tycoon Ross Perot, candidatosi nel 1992 alle presidenziali americane. Anche lui puntualmente rivelatosi niente più che un fuoco di paglia.

Berlusconi invece è riuscito per ben tre volte ad assumere la guida del Paese riuscendo a conquistare in Parlamento (tra il 2001 e il 2006) niente meno che una maggioranza assoluta.

Una storia, insomma, di grande successo, ma finita nel peggiore dei modi, che sembrò azzerare la credibilità non solo del politico ma anche dell’uomo. Una sfilza di procedimenti giudiziari per reati societari (creazione di fondi neri, evasione fiscale, falso in bilancio, appropriazione indebita), procedimenti – è vero – per lo più estinti o caduti in prescrizione, ma in qualche caso chiusi con una condanna.

Una montagna di intercettazioni telefoniche e di gossip giornalistici che hanno fatto emergere una vita privata a dir poco imbarazzante, tra serate in villa con le olgettine, festicciole osé e Bunga Bunga. Una serie inoltre di figuracce rimediate all’estero che gli sono costate i sorrisini sarcastici della Merkel e di Sarkozy, passati sulle tv di mezzo mondo. Da ultimo, l’estromissione dal Senato, la condanna ai servizi sociali e l’incandidabilità.

Chi poteva sopravvivere a tanto fango? Solo lui, Berlusconi. Sono passati quattro anni e l’ex Cavaliere è tornato al centro della scena politica. È ora nelle condizioni di trattare con Renzi sulla legge elettorale, di frenare le ambizioni al comando della coalizione di Salvini. Si può permettere addirittura il lusso di negarsi alla pletora di fuoriusciti imploranti il reintegro nelle sue file.

Quale strano merito può vantare per aver ottenuto tutto questo? Semplice: si è limitato a stare fermo mentre tutti intorno a lui si sbracciavano. In altri tempi, per risalire la china avrebbe compiuto maratone televisive elargendo mirabolanti promesse di sgravi fiscali, milioni di nuovi posti di lavoro, aumenti indiscriminati delle pensioni. Oggi ha fatto il contrario. Solo in questi ultimi giorni è ricomparso in tv, nella versione però di buon padre di famiglia, disponibile, pacato, comprensivo. Ha capito che sono cambiati i tempi. Non funzionano più gli uomini forti, energici, soprattutto divisivi. Vincono i mediatori, i tessitori, i politici rassicuranti. Vedi Gentiloni, la Merkel, Macron. E lui, da buon venditore, si è adattato al gusto dei clienti.

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