
L'Editoriale
Giovedì 01 Maggio 2025
La piaga dei morti sul lavoro: un 1° Maggio per cambiare
ITALIA. Quest’anno, in occasione della celebrazione del 1° Maggio, come sindacati, unitariamente, abbiamo deciso di concentrare la nostra attenzione alla grande piaga sociale delle morti sul lavoro e delle malattie professionali.
Un fenomeno che in Lombardia è in aumento. Gli infortuni con esito mortale sono passati da 172 del 2023 ai 182 del 2024: una triste media di un lavoratore morto ogni due giorni. In provincia di Bergamo, rispetto al trend regionale, si assiste a una diminuzione con 18 infortuni mortali nel 2024 rispetto ai 22 del 2023 (-18,2%), ma, purtroppo, nell’anno in corso si sono registrate già quattro morti bianche.
Recentemente si è constatato che il fenomeno interessa sia dipendenti che lavoratori autonomi e che la dimensione aziendale molto ridotta delle piccole e piccolissime aziende influisce negativamente rispetto all’incidenza degli incidenti. Sono aziende dove, in linea di massima, l’organizzazione del lavoro è meno specializzata, con mansioni plurime e con scarsa formazione. Succede anche che vengano affidati degli incarichi in maniera formale, con l’obiettivo di assolvere agli obblighi legali senza una vera formazione e un’azione operativa sostanziale.
Una giornata di tributo per le vittime
La ricorrenza di oggi si declina pertanto in un doveroso tributo ai tanti uomini e donne che hanno subito infortuni, malattie professionali, danni permanenti, e a coloro che, tragicamente, hanno perso la vita lavorando. Siamo convinti che il modo più autentico per onorarne la memoria sia rinnovare impegno di tutti, senza esclusioni, per un presidio sempre più incisivo sulla prevenzione. Non dobbiamo mai rassegnarci alla logica della fatalità. Per contrastare efficacemente gli incidenti e gli infortuni sul lavoro bisogna agire su più fronti. Per prima cosa si deve partire da una corretta applicazione dei contratti di lavoro e delle norme.
Infatti, spesso assistiamo a un’applicazione dei contratti nazionali di lavoro che ha come unico obbiettivo quello di ridurre il costo della manodopera, senza contare la sequela di contratti pirata stipulati da sindacati e associazioni datoriali di comodo dove la sensibilità in materia di sicurezza è inesistente. C’è anche la rincorsa all’applicazione del contratto che costa meno, come nel caso di lavoratori edili ai quali applicano il contratto multiservizi. Si tratta di un contratto che non ha nulla a che vedere con il settore edile: costa meno come retribuzione oraria e non comprende il contributo agli enti bilaterali del settore che svolgono l’opera di prevenzione e di formazione. Sempre in edilizia, troviamo subappalti dove la maggioranza dei lavoratori sono somministrati senza avere svolto un minimo di formazione.
Serve un cambio di cultura
Serve un cambio di cultura che metta la persona al centro del lavoro e dell’economia dove il rischio non sia superato per importanza dalle scadenze. Maggiore prevenzione significa lavorare con una prospettiva futura agendo sulla cultura e sulla formazione dei giovani inserendo una formazione obbligatoria sulla sicurezza in tutte le scuole.
Va in questa direzione il protocollo d’intesa per la sicurezza nei cantieri e la tutela della salute dei lavoratori del settore delle costruzioni, sottoscritto in questi giorni a Palazzo Frizzoni dal Comune di Bergamo e da Cgil, Cisl e Uil in occasione della Giornata internazionale per la sicurezza sul lavoro.
Come sindacati agiamo quotidianamente all’interno dei luoghi di lavoro attraverso i rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza (Rls), i quali svolgono questo ruolo in aggiunta a tutte le mansioni ordinarie da dipendente. Per rendere più efficace l’azione degli Rls occorre potenziarne il ruolo, aumentando le ore per la formazione e per l’espletamento delle mansioni di verifica e di controllo, assegnando, inoltre, un «potere» più efficace di intervento.
È una questione di giustizia
Altro tema da segnalare è il reinserimento lavorativo delle persone con disabilità o fragilità. Una pratica per niente agevole nella nostra provincia in quanto dei 2.464 iscritti al collocamento mirato, molti risultano in lista da molto tempo: solo 993 risultano iscritti da meno di un anno, 854 fino a 48 mesi di iscrizione e 478 addirittura iscritti da oltre 69 mesi. Dati che ci ricordano purtroppo le parole di Papa Francesco riferite alla cultura dello scarto.
Dobbiamo dire con forza che a queste persone va ridata la dignità di un’occupazione che favorisca un ruolo partecipe di cittadinanza attiva. È una questione di giustizia e lo riteniamo un obbligo morale per tutti, in particolare in un contesto occupazionale come quello bergamasco che ha un tasso di disoccupazione del’1,5%, il più basso d’Italia.
Quindi il modo migliore per celebrare la Festa del Lavoro è quello di impegnarci ogni giorno per rendere sicuro e inclusivo il lavoro. Auspichiamo un grande patto tra tutti coloro che hanno responsabilità affinché il mondo del lavoro sia inclusivo verso ogni fragilità e si adoperi per eliminare totalmente le tragedie delle morti sul lavoro, allora sarà vera festa per tutti. Buon 1° Maggio!
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