«L’Eco di Bergamo», il vostro sostegno non ha prezzo

LA NOVITÀ. Inutile girarci attorno, non sarebbe né serio né corretto nei confronti di chi ci legge tutti i giorni e ci dà la sua fiducia. Da giovedì 1°febbraio, il giornale in edicola costerà 20 centesimi in più, passando cioè da un euro e cinquanta a un euro e settanta centesimi.

Avremmo potuto far finta di nulla, lasciando all’edicolante il fastidioso compito di informarvi, oppure nascondere un colonnino da qualche parte nel giornale per dirvi che il continuo ed esasperante aumento dei prezzi con cui tutti noi abbiamo a che fare ogni giorno si è abbattuto anche sulle aziende editoriali, con tutto ciò che questo comporta. Ma ciascuno fa i conti con quel che ha in tasca ed è quindi inutile cercare la comprensione dei lettori con questo tasto. Certo, venti centesimi non cambiano la vita di nessuno, anche se non è poi così vero, visto che con 20 cents sarebbe possibile salvare due neonati su tre nei Paesi a minor reddito del pianeta.

Ma per i nostri fedeli abbonati non cambierà nulla, e nemmeno per chi coglierà l’aumento del prezzo come occasione per attivare un abbonamento: il prezzo resterà invariato fino al prossimo 31 marzo, senza contare che - entro quella data - sarà possibile rinnovare il proprio abbonamento (qualunque sia la scadenza, anche il 31 marzo del prossimo anno) per un anno, per due, per tre o per cinque anni versando gli stessi soldi di oggi, risparmiando mediamente il 44% sul costo in edicola. Una copia, dunque, finirà con l’essere pagata 0,99 centesimi (se l’abbonamento è di un anno), 0,97 centesimi (due anni), 0,95 centesimi (tre anni), 0,93 centesimi (se l’abbonamento sarà di cinque anni). A tutto ciò - che non è comunque uno sforzo da nulla - si è già aggiunto «Il Gioco de L’Eco», un concorso che si concluderà il 10 marzo e che consente ai nostri lettori più fortunati (abbonati e non) di vincere ogni settimana premi di tutto rispetto, senza contare il super premio finale, un’automobile «Yaris Hybrid Trend My24».

Ma queste, pur essendo più che valide per rinnovare l’abbonamento, per attivarne uno nuovo o per continuare a comprarci in edicola, sono solo ragioni commerciali e, dunque, non possono essere le sole per le quali, con la stessa schiettezza dell’incipit, vi chiediamo con forza di continuare a sostenerci. A «L’Eco» restiamo convinti che il ruolo e il valore della carta stampata locale continuino ad essere imprescindibili anche oggi, pur in una società radicalmente trasformata dalla Rete. Che ai grandi meriti di aver «rimpicciolito» il mondo, accorciato le distanze, accelerato l’innovazione, favorito le democrazie agevolando la comunicazione tra governanti e governati, affianca tuttavia qualche demerito, primo tra tutti quello di aver «affrettato» la nostra (in)capacità di giudizio, portandoci ad esprimerne uno su tutti e su tutto, subito e istintivamente, digitando in maniera compulsiva sulla tastiera di uno smartphone, oggi lo strumento d’informazione «principe», quello su cui transita oltre il 60% delle informazioni che ingurgitiamo ogni giorno. Scordandoci, però, di due problemi fondamentali.

Il primo è che ci sentiamo in grado di dare un giudizio incontrovertibile non solo senza aver verificato se quello che abbiamo letto poco prima sia vero oppure no, ma senza nemmeno aver approfondito il problema, nemmeno un minimo. Internet ha «tagliato la strada», ma anziché favorire la consapevolezza dei problemi, ha agevolato l’istantaneità della reazione, demandandola al «cervello addominale» che alberga nelle nostre viscere, spesso più bravo ad esprimersi con l’insulto e in maniera anonima o nascondendosi dietro farlocchi nomi di fantasia. Di fronte alla complessità di studiare un problema per conoscerlo, le piattaforme digitali prediligono «il tutto e subito», basta che sia verosimile.

Il secondo aspetto da non sottovalutare è che l’informazione via Internet o via «social» ci «informa» utilizzando sofisticati algoritmi che ci propongono solo quello che ci piace leggere di più. Ma leggere davvero un quotidiano rappresenta un antidoto verso quell’ «effetto bolla» che l’informazione on line finisce inevitabilmente con il creare. Sfogliare le pagine di un giornale, soffermandosi anche su ciò che a prima vista non ci interessa o richiede uno sforzo di comprensione e di approfondimento a cui non siamo abituati, non solo allarga la nostra cultura generale, ma ci aiuta a sviluppare il nostro senso critico. Senso critico e conoscenza sono da sempre due chiavi fondamentali per cogliere opportunità, evitare errori, vivere una vita migliore. Tutti i giorni.

Non abbiamo mai avuto un così alto numero di informazioni in tempo reale come oggi, eppure continuiamo a non sapere cosa succede. Ecco perché i giornali, come i libri, sono cibo per la mente. E «L’Eco» non si sottrae a questa logica. Per il lavoro dei suoi giornalisti, per la qualità che ogni giorno mettono nello scrivere gli articoli delle tante sezioni che compongono il giornale, per la passione con cui impastano il loro sforzo quotidiano, per la capacità che hanno di riuscire a spiegare con parole semplici concetti complessi, aiutandoci tutti a capire meglio la nostra città e la nostra provincia. «L’Eco» non è l’eco delle notizie come molti anni fa insinuava malignamente una campagna pubblicitaria di un giornale concorrente ormai scomparso, ma è lo specchio di una città e di una provincia, uno specchio che riflette la grande forza dei bergamaschi, ma anche le loro contraddizioni. Anche oggi, in un momento in cui forse c’è bisogno di trovare nuovi punti di riferimento capaci di ridarci prospettive e speranze per sostituire un mondo che sbiadisce ogni giorno di più, senza cedere a facili compromessi. Forse non ce ne rendiamo conto nemmeno noi, ma «L’Eco» fa tante cose per l’informazione bergamasca: non solo la cronaca tradizionale, ma la scuola, l’ambiente, la cultura (con un settimanale - «Domenica» - che molti quotidiani nazionali c’invidiano), la comunità degli abbonati, il tempo libero con Eppen, una bussola per chi fa impresa con Skille, il mondo nerazzurro dell’Atalanta e di Corner, la piattaforma per finanziare progetti di utilità sociale, le vostre «Case in festa», tutto il mondo web, e molto altro ancora.

Il quotidiano che informa - dice lo scrittore Daniel Pennac - ci preserva dalla quotidianità che disturba. «L’Eco» fa un giornale per i suoi lettori, non per altri, senza «urlare» ma con buon senso e rispetto, dosando i diritti e i doveri di tutti, all’insegna di un’etica chiara e ben definita da quando siamo nati, il 1° Maggio del 1880, oltre 140 anni fa. Ci piacerebbe andare avanti così per almeno un altro secolo e mezzo. Ce la faremo? Io credo proprio di sì, soprattutto se al nostro fianco continuerete ad esserci anche voi. Grazie fin d’ora per l’aiuto che continuerete a darci: questo, sì, non ha prezzo.

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