«L’arte? Una scelta di vita. Le mie donne sono finite da Dior»

L’intervista. «Fare l’artista è prima di tutto esserlo: è una condizione, non una scelta. Un’attitudine che ti trovi». Mariella Bettineschi è un’artista che vive e lavora da sempre a Bergamo e che negli ultimi mesi ha fatto parlare di sè non solo in ambito artistico ma anche nel mondo della moda.

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Lo scorso marzo gli abiti della collezione Prêt-à-Porter Autunno/Inverno 2022-2023 di Dior, nei Jardin des Tuileries di Parigi, hanno sfilato in mezzo alle sue donne, quelle della sua «The Next Era»: opere rinascimenti dallo sguardo raddoppiato, in bianco e nero racchiuse in una cornice dorata, immortali e contemporanee, in un connubio in cui la storia entra in una dimensione contemporanea.

«Non mi sono mai accorta di fare l’artista - sorride -, non ci si accorge: ricordo solo che fin dalle elementari i miei compagni di chiedevano di disegnare per loro e questo mi dava molta gioia». Lei che è artista, mamma, è stata anche insegnante. Ma soprattutto artista, con un’impronta femminile: «Scuole a Bergamo, ho iniziato a produrre opere fin da giovanissima e con la preparazione accademica che avevo conoscevo pochissimo il mondo dell’arte. Sono stata fortunata, ho incontrato molte persone che mi hanno aiuto a capire che quando un’opera esce dallo studio, entra in un sistema fatto da critici, galleristi, giornalisti, collezionisti. Ho imparato a capire che il sistema dell’arte è molto più complesso dell’arte stessa e che bisogna avere consapevolezza delle sue fasi e dei suoi elementi».

Lei che è sempre stata un’artista che ha «bisogno d un linguaggio che sia femminile, che sia mio». Inaspettata la chiamata dal mondo della moda: «Io non capisco nulla di moda - ride -. Un giorno mi ha telefonato Paola Ugolini, critica d’arte attenta da sempre al lavoro delle donne, dicendomi che era con Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior: insieme avevano pensato alle mie opere per l’allestimento della sfilata che la maison aveva in programma a Parigi il 1° marzo».
E così è stato: 54 opere, alcune create appositamente per questo allestimento ma, data la grandezza dello spazio, sono state prodotte in 3 o 4 misure differenti, anche fino a 4 metri di altezza.
«Il progetto si chiama “The Next Era” e c’è la donna al centro: mi sono ispirata, per la loro forza di penetrazione e per la loro assoluta bellezza e integrità, ai ritratti femminili della nostra cultura: Fornarina, Giuditta, Cecilia Gallerani, Maria dé Medici. In questo lavoro parto dalla scelta di un dettaglio significativo, dove la presenza dello sguardo sia molto importante, lo dipingo in bianco e nero, lo innalzo su una base bianca e con un gesto radicale, femminista, taglio gli occhi del ritratto scelto e li raddoppio».

Le opere, dopo la sfilata, hanno iniziato a girare il mondo: «Con Dior la collaborazione prosegue. Per due anni la maison potrà esporre le opere nelle boutique: da Milano a Los Angeles». E con le opere al centro resta la capacità di visione che ha la donna: «Siamo in un momento di grandi cambiamenti: le donne sono pronte. Tocca a noi».

In una continua messa alla prova del lavoro: «Non nasce e si ripete, è un continuo flusso, un processo, per me legato indissolubilmente alla questione femminista - spiega e ripete -. il mio lavoro è il mio piacere, la mia gioia, è il centro della mia vita: non ho bisogno d’altro».

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