Dov’è la vittoria?

«Purtroppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gli Italiani». La celeberrima affermazione che Massimo d’Azeglio affidò alle sue memorie, pubblicate postume nel 1867, sembra essere ancora d’attualità. In vista delle elezioni europee non si intravede una comune strategia tricolore verso Bruxelles.

«Purtroppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gli Italiani». La celeberrima affermazione che Massimo d’Azeglio affidò alle sue memorie, pubblicate postume nel 1867, sembra essere ancora d’attualità.

In vista delle elezioni europee non si intravede una comune strategia tricolore verso Bruxelles, ma si assiste puntualmente alle beghe di bottega, imbalsamate dagli stantii cliché di Porta a Porta e Ballarò.

Amara nasce la naturale considerazione rispetto agli italici contrasti, a questa terra di santi, poeti e navigatori protagonista nel mondo e pigra nel cortile di casa. Abbiamo più arte e cultura di tutti gli altri messi insieme, ma chiudiamo il Colosseo nella notte dei musei.

Andiamo in Libano per portare la pace, ma nel Paese dei cedri c’è Marcello Dell’Utri a farsi curare e, fosse per Scajola, sarebbe da accompagnarci anche Amedeo Matacena. Anche la Francia è in crisi come noi, ma oltralpe c’è più agilità: il presidente invece di organizzare in casa, per andare «dove ti porta il cuore» inforca una motocicletta.

Al varco attendiamo la Germania. Non tanto il 25 maggio alle urne o al prossimo summit con frau Merkel, ma più semplicemente fra qualche settimana in Brasile. Ci compatteremo tutti davanti al televisore, con l’inno cantato (si spera) dai prodi pedatori e qualche sfida ancora una volta vincente.

I Mondiali raggiungono traguardi cui Cavour, D’Azeglio e, più tardi, De Gasperi hanno ambito, ma con minor fortuna. Il Brasile, tanto per gradire e per tornare ai contrasti, è anche l’esilio dorato di Cesare Battisti. Dov’è la vittoria? L’Italia s’è desta? Ci penseremo, inizia il secondo tempo.

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