I nonni della pizza

di Giorgio Gandola

Abbiamo perso la pizza. Ci preoccupiamo quando un’azienda straniera compra un marchio del made in Italy e non diciamo niente mentre accade il disastro vero: emigra la pizza.

Abbiamo perso la pizza. Ci preoccupiamo quando un’azienda straniera compra un marchio del made in Italy (è capitato con Valentino, Ducati, Star, Bulgari, Buitoni, Gucci, Parmalat e via elencando) e non diciamo niente mentre accade il disastro vero: emigra la pizza.

Una delle parole più usate al mondo, il piatto più apprezzato del fast food, il disco di farina-acqua-lievito-olio e sale sul quale il bianco della mozzarella, il rosso del pomodoro e il verde del basilico rappresentano la bandiera italiana. La pizza Margherita e le altre avrebbero potuto costituire un brand anche più forte della Ferrari, e invece ce le hanno portate via tutte senza colpo ferire. Due prove concrete. La prima è una notizia che arriva dalla Cina: la stragrande maggioranza di quel popolo ritiene che la pizza sia un’invenzione americana (Pizza Hut aprì a Pechino nel 1990) e per arricchire la pietanza usa mozzarelle neozelandesi. Il più grande importatore è infatti il gruppo Fonterra che supera di poco nel tonnellaggio di produzione il gruppo canadese Leprino.

Non consolano i nomi dalle ascendenze inequivocabilmente italiane. Il secondo indizio arriva da Parma dove si è svolto il campionato del mondo dei pizzaioli. Lo ha vinto un australiano di 36 anni che lavora in cucina nel ristorante «400 gradi» alla periferia di Melbourne e che si è rivelato al mondo con un’intervista sulla Cnn. Si chiama, guarda un po’, Johnny De Francesco. Ormai della pizza (e di molto altro) non siamo più neppure i padri. Ma almeno i nonni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA