Le magie dell’Anas

di Giorgio Gandola

«I manager delle società partecipate dello Stato non possono guadagnare più di 294.000 euro, vale a dire lo stipendio del primo presidente di Corte di cassazione».

«I manager delle società partecipate dello Stato non possono guadagnare più di 294.000 euro, vale a dire lo stipendio del primo presidente di Corte di cassazione». La legge fu varata dal governo Monti per mettere un tetto alla corsa al rialzo proseguita ben oltre la deflagrazione della crisi economica più devastante da quella del 1929.

La stretta ha coinvolto anche il presidente e amministratore delegato dell’Anas, Pietro Ciucci, riconfermato l’anno scorso al vertice della società. Guadagnava 750.000 euro e si è visto il compenso scendere sino alla soglia massima tollerata dal decreto Salvaitalia. Una significativa sforbiciata che non ha tolto il sorriso all’attento manager. Perché? Perché

la seconda parte della norma reca questa dicitura: «Fanno eccezione i manager delle aziende che emettono esclusivamente strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati nei mercati regolamentati». E guardacaso nell’ottobre scorso, con modifica dello statuto da parte del ministero del Tesoro, si è stabilito che l’Anas potrà «emettere sul mercato prodotti finanziari diversi dalle azioni o non convertibili in esse».

Qualche tempo dopo lo stesso presidente Ciucci, in una conferenza, ha fatto sapere che «sarebbe necessaria l’adozione di provvedimenti per far entrare l’Anas nel mercato finanziario». Traduzione: creare quei bond così improvvisamente decisivi per le sorti dell’azienda. E soprattutto per quelle del suo stipendio, che così potrebbe tornare a respirare l’aria rarefatta dell’alta quota. Della serie: ciucci sarete voi.

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