Moretti: Mi tagliate lo stipendio?
Mi dimetto. Anzi no, lavoro gratis

Mauro Moretti innesta la retromarcia. L’ad di Ferrovie prima minaccia di andarsene se gli verrà ridotto lo stipendio, poi - sepolto da una montagna di dissensi - dice di essere pronto a lavorare gratis, ma che i suoi «dirigenti devono essere retribuiti adeguatamente».

Mauro Moretti innesta la retromarcia. L’ad di Ferrovie prima minaccia di andarsene se gli verrà ridotto lo stipendio, poi - sepolto da una montagna di dissensi - dice di essere pronto a lavorare gratis, ma che i suoi «dirigenti devono essere retribuiti adeguatamente».

Vien da chiedersi: c’è da credergli? Francamente abbiamo più di una riserva. La contraddizione è sotto gli occhi di tutti.

Dopo la minaccia del funambolico Moretti, si erano levati i primi commenti. Dal ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi («Credo che se un manager ha voglia di andare via è libero di trovare sul mercato chi lo assume a uno stipendio maggiore») alle parole al vetriolo di Diego Della Valle («Se Moretti avesse il coraggio e la dignità di andarsene, troverebbe milioni di Italiani pronti ad accompagnarlo a casa: sono tutti i viaggiatori costretti a viaggiare con tanti disagi sui treni delle ferrovie Italiane»), a quelle irripetibili di tanti italiani.

Ora la querelle sembra ricomporsi. «Moretti si è accorto di aver sbagliato» ha detto Lupi commentando il dietro front di Moretti. A giudizio del ministro «è giusto che se un manager è bravo sia pagato. Ma se il tuo datore di lavoro, lo Stato, ha l’esigenza di dare un segnale forte perché si devono usare meglio le risorse dei cittadini e si devono diminuire gli stipendi degli amministratori pubblici, credo che stiamo parlando di una esigenza giusta”. E comunque, si chiede, «60 mila euro al mese vi paiono poco?».

Già, non ci paiono pochi. E il rischio di perderli ha fatto tornare sui propri passi anche Moretti.

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