Sbagliano le Poste, paghi tu

Fabio Conti

Sbagliano loro, paghi tu. Però con tutta la loro solidarietà. Perlomeno quella di facciata, dietro il vetro di uno sportello. Loro sono dalla tua parte, ma tocca a te mettere le mani in tasca. Cinquantadue centesimi, per la precisione.

Fabio Conti

Sbagliano loro, paghi tu. Però con tutta la loro solidarietà. Perlomeno quella di facciata, dietro il vetro di uno sportello. Loro sono dalla tua parte, ma tocca a te mettere le mani in tasca. Cinquantadue centesimi, per la precisione.

Piccolo ufficio postale della Bergamasca. «Scusi, avete per caso un pacchetto a mio nome? Perché il mittente mi ha scritto che, controllando il numero della raccomandata, risulta ancora qui in giacenza dal 14 gennaio. E, sa, oggi è il 10 febbraio…».

L’unico impiegato rotola con la sedia verso uno scatolone color giallo posta e inizia a frugarci dentro: ci saranno una dozzina di buste e pacchetti. Infatti in cinque secondi ha in mano proprio il tuo. Si gratta la testa. «Non l’avevano avvisata?...». «No. Nella cassetta delle lettere ho trovato notifiche per altre raccomandate che ho ritirato proprio qui, ma di questo niente».

L’impiegato è gentile e tu capisci subito che non vorrebbe dirti quello che sta per dirti. «Capisco, ma… guardi, lei poi potrà fare ricorso». E tu pensi: «Certo, ricorso: del resto è un mese che hanno qui il pacchetto». E invece no: «Una volta potevamo anche far finta di niente, ma ormai sarebbe come cancellare qualcosa che ci è dovuto, mi spiace».

Ed è lì che inizi a pensare al peggio. Ma non a tanto peggio. «Ecco, ci sarebbe una multa da pagare» . Una multa? Imbarazzo dalla tua e dalla sua parte del vetro appannato. Ma di quanto? «Cinquantadue centesimi». Ed è così, mentre frughi in fondo alle tasche dei jeans cercando di mantenere neutrale un viso che insiste nel mutare dallo stupito al divertito, che capisci davvero, grazie a 52 centesimi, perché in Italia le cose non vanno. Mors tua, multa mea.

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