Pinotti, 4°: «Una tappa epica
Felice di correre in bicicletta»

«Epica. Questa è la parola giusta per definire la giornata di ieri al Giro d'Italia. Al mattino le previsioni meteo non lasciavano speranze di bel tempo, anzi, piogge abbondanti sicure. Nonostante ciò, i primi 75 chilometri sono stati velocissimi. Il gruppo era sempre in fila indiana, non ho mai visto la testa e non capivo cosa stava succedendo».

«L'auricolare della radiolina non faceva che gracchiare, probabilmente per la troppa acqua. Poi finalmente un attimo di calma, che ha consentito a due fuggitivi di guadagnare un notevole vantaggio. Complice l'andatura tranquilla, ho iniziato a prendere freddo. Sono andato all'ammiraglia per chiedere guanti lunghi e mantellina pesante. Una volta rientrato, sono rimasto nella seconda metà del gruppo, posizione che rischiava di rivelarsi fatale».

«In un tratto di discesa si è creato infatti una distacco di qualche metro tra i primi 100 corridori e gli altri. Nessuno sembrava convinto di reagire ed in poco tempo il distacco si è fatto preoccupante; la radio non funzionante mi impediva di avvisare i miei compagni. Non avevo molte alternative se non provare da solo. Il mio compagno Hansen ha dato una forte accelerata dopo la quale sono partito su uno strappo. Ho fatto la successiva discesa pedalando a più non posso e dopo cinque chilometri di inseguimento sono rientrato!».

«Ero esausto e quando è iniziata la salita che precedeva i tratti in sterrato, quasi stavo per staccarmi da 50 corridori. In cima ho bevuto due gel di zuccheri, il cui gusto cioccolato non mi è mai sembrato così buono, e mi sono ripreso. A quel punto ho pensato solo ad uscire indenne dal primo, folle, sporco fangoso, veloce, tratto di sterrato. Appena entrato ho tolto gli occhiali coperti di fango. Una volta uscito mi sono tranquillizzato, come se la corsa fosse finita: eravamo rimasti un pugno di corridori, restavano 20 chilometri quasi tutti in sterrato».

«Ma stavolta erano in salita a tratti dura, il terreno giusto per far parlare le gambe. Ho sempre guardato avanti, non rispondendo agli scatti altrui, rientrando proprio in cima alla salita. A quel punto avrei voluto provare un attacco, ma l'ultimo chilometro era all'altezza di quelli precedenti: folle, e non ho voluto rischiare nulla, felice della mia giornata in bicicletta. Un'ultima nota: il conto della lavanderia lo possiamo mandare a Zomegnan?».
 Marco Pinotti

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