Arrigo Sacchi in visita all'Atalanta
«Favini, un maestro per tutti noi»

A Zingonia il coordinatore tecnico delle nazionali giovanili. Il presidente Percassi: «Sacchi ha dato una lezione ai nostri uomini: siamo all'università del calcio». «La mia vita è stata interessantissima. Ho vissuto sempre di sogni», ha risposto l'ex ct della Nazionale.

«La mia vita è stata interessantissima. Ho vissuto sempre di sogni». Oggi, mercoledì 29 settembre, Arrigo Sacchi ha spiegato il suo sogno a Zingonia, accolto dall'Atalanta, nella sua prima visita nelle vesti di coordinatore tecnico delle nazionali giovanili.

«Insieme al mio collaboratore Viscidi - afferma Sacchi - abbiamo espresso il sogno che abbiamo: vincere e convincere, creando giocatori completi, che sappiano giocare a calcio. Le squadre dovranno essere protagoniste non solo nei risultati, ma anche nel modo, con grande fair play: vincere con rispetto, perdere con dignità. Bisogna essere protagonisti cercando di imporre il proprio gioco nei confronti dell'avversario».

Gli onori di casa sono toccati al presidente Antonio Percassi, che ha voluto salutare così l'ex tecnico del Milan e della Nazionale: «Siamo la prima società ad ospitare Arrigo Sacchi dopo la fresca nomina. Siamo onorati della sua scelta di iniziare il lungo giro delle società proprio da qui. Sapete cosa stiamo facendo per potenziare il nostro settore giovanile, la storia è dalla nostra parte, basta vedere il lavoro fatto da Mino Favini in questi anni. Sacchi ha dato una lezione ai nostri uomini: siamo all'università del calcio».

Arrigo Sacchi ha spiegato alla stampa l'obiettivo della sua visita e la gioia di incontrare nuovamente due vecchi amici come Favini e Zamagna. «È la prima società che visitiamo - esordisce il tecnico di Fusignano - perché sappiamo quanto sia fondamentale questa collaborazione per crescere, scambiandoci le conoscenze. Abbiamo voluto iniziare da Zingonia come riconoscimento alla società bergamasca, che ha sempre fatto del settore giovanile il proprio fiore all'occhiello. Inoltre sappiamo quanto il presidente sia convinto di puntare sui giovani. Ritrovo anche due amici come Lele Zamagna e Mino Favini, un maestro per tutti noi. Iniziamo un lavoro dove la nazionale italiana è solo il risultato finale: se non si lavora bene alla base diventa difficile cambiare usi, costumi e didattiche».

Per il mister emiliano vincere con una squadra giovane è difficile, ma non impossibile: «Sono per gli innovatori, per chi ha il coraggio di fare. Il calcio evolve come evolve la vita: è importante avere dirigenti illuminati e all'avanguardia. Solo così si potranno raggiungere futuri successi. Finché in Italia pensiamo che nel calcio conta solo la vittoria senza il merito non andremo da nessuna parte. Cresceremo solo quando avremo più competenze e più pazienza e si potrà lavorare sui giovani a lungo termine. È difficile vincere tutto con una squadra giovane, ma il Barcellona è l'esempio migliore: difficile, ma non impossibile. Questa è la strada migliore per non avere debiti e avere soddisfazioni».

In una settimana tormentata in casa Atalanta dalla discussione circa il gioco della squadra, il tecnico vicecampione del mondo ai mondiali Usa del 1994, ha voluto dire la sua, senza parlare però di Atalanta. «Se non c'è gioco è difficile vincere. Per costruire un grattacielo c'è bisogno di fondamenta profonde. Credo nel fair play finanziario che il presidente Platini ha intenzione di attuare, costringerà le società a puntare sui giovani e alla globalizzazione per quanto riguarda il gioco. Quello che ci andava bene una volta ora non è più così: il campionato italiano non è povero, non è mai stato ricco tecnicamente, dato che abbiamo quasi sempre giocato a difenderci».

Arrigo Sacchi non dimenticherà tanto facilmente Bergamo, sia per i famosi fatti di 20 anni fa, sia per le numerose vittorie conseguite. «La famosa semifinale di Coppa Italia 1990 - conclude mister Sacchi - fa parte di quelle cose che non avrei mai voluto fare. Non abbiamo avuto lo spirito sportivo giusto: errare è umano. Nella finale con la Juve ne abbiamo pagato le conseguenze, dato che fu tirato un mortaretto sulla testa di Ancelotti che svenne, ma giocò lo stesso. L'errore lo abbiamo commesso. Abbiamo sbagliato. Eccetto quell'episodio è stato sempre un campo fortunato nella mia carriera».
Simone Masper

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