Il dolore di Pozzo, patron dell'Udinese
«Uno dei giorni più tristi della mia vita»

«È una delle giornate più tristi della mia carriera nel calcio. Da 26 anni non ricordo un'altra tragedia come questa». Così Giampaolo Pozzo patron dell'Udinese, proprietaria del cartellino di Piermario Morosini, il giocatore in prestito al Livorno morto a Pescara.

«È una delle giornate più tristi della mia carriera nel calcio. Da 26 anni non ricordo un'altra tragedia come questa». Così Giampaolo Pozzo patron dell'Udinese proprietaria del cartellino di Piermario Morosini, lo sfortunato giocatore in prestito al Livorno morto sabato dopo un malore avuto nel corso del match di Serie B Pescara-Livorno.

«Abbiamo saputo dalla televisione che si era sentito male, che si era accasciato in campo ma non pensavo fosse una cosa così grave, poi ho capito e un'ora e mezza dopo è arrivata dall'ospedale la notizia terribile che era deceduto», aggiunge Pozzo.

«È una notizia terribile perché era da diversi anni con noi, l'avevamo preso dalle giovanili dell'Atalanta oltre sei anni fa. Dal 2005 ha giocato con noi ed io me lo ricordo come un ragazzo molto serio, molto professionale ed anche bravo - aggiunge il patron del club friulano -, ha giocato in vari campionati in prestito, ma sempre rientrava regolarmente per il ritiro, giocava per alcuni mesi con noi poi andava in prestito».

«Quest'anno l'abbiamo tenuto fino a gennaio, poi eravamo super affollati ed è andato in prestito al Livorno. Questa notiza ci ha lasciati scossi. La squadra e l'allenatore si sono rifutati di scendere in campo, hanno detto "non possiamo giocare". Abbiamo sentito l'Inter e i dirigenti nerazzurri non hanno avuto un attimo di esitazione nel dire che non si poteva scendere in campo», racconta Pozzo.

«Poi dieci minuti dopo la Federcalcio autonomamente ha deciso di sospendere tutti i campionati. Onore alla Federazione che ha preso immediatamente questa decisione, senno l'avremmo presa autonomamente noi con tutte le conseguenze del caso. È una giornata così triste e non c'era nessuno forza di partecipare a una partita».

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