Gimondi, gli auguri dei big
«Felice, l'intramontabile»

Per lui il Gimondi che compie 70 anni è ancora un giovanotto. Del resto, tutto è relativo: con i suoi baldanzosi 91 anni (stessa età di Fiorenzo Magni), Alfredo Martini era già in sella quando Felice succhiava ancora il latte da mamma Angela.

Per lui il Gimondi che compie 70 anni è ancora un giovanotto. Del resto, tutto è relativo: con i suoi baldanzosi 91 anni (stessa età di Fiorenzo Magni e Vito Ortelli, due anni meno di Fery Kubler, uno più di Nane Pinarello e Pino Cerami, gli altri grandi vecchi del ciclismo), Alfredo Martini era già in sella quando Felice succhiava ancora il latte da mamma Angela, a sua volta splendida ultracentenaria.

Oltre ad averlo visto crescere ed affermarsi, lo storico citì azzurro, attuale presidente onorario della Federazione, lo ha anche diretto in Nazionale. «Quando assunsi il ruolo di commissario tecnico - dice il grande Alfredo - Gimondi viaggiava già oltre la trentina, ma era ancora nel pieno della efficienza atletica. Nel 1975 a Yvoir, quando vinse Kuiper, era capitano insieme a Francesco Moser, ma non fu un Mondiale fortunato per noi. Nel 1976 e nel 1977 fu il mio regista in corsa, con Moser capitano unico: Francesco ottenne un secondo posto dietro Maertens a Ostuni e vinse l'anno dopo in Venezuela, con Gimondi ottimo interprete del ruolo e ben piazzato alla fine (7° a Ostuni e 11° a San Cristobal, nda)».

«Ma il Gimondi che, come uomo, mi diede la dimensione della sua grandezza fu quello del 1978. Aveva 36 anni, era alla sua ultima stagione di corridore, non aveva ottenuto grandi risultati e lo designai soltanto come riserva. Alla vigilia venne da me chiedendomi se gli potevo evitare la trasferta in Germania, visto che di lì a due mesi avrebbe attaccato la bici al chiodo: sarebbe rimasto volentieri a casa con la moglie e le due figliole. "Ennò, Felice, allora ti avrei lasciato a casa io. Invece ho bisogno che tu e Bitossi (l'altra riserva, nda) facciate parte del gruppo: la vostra esperienza, il vostro carisma saranno utilissimi ai ragazzi nelle ore che precederanno la corsa". Comprese al volo la situazione ed entrò nel ruolo con una partecipazione tale che quasi mi commosse: lui, che aveva disputato una dozzina di Mondiali, vincendone uno e salendo altre due volte sul podio iridato, rimase umilmente con me nel box, soffrendo, tifando, dispensando consigli ai compagni che, in fin della fiera, gli avevano soffiato il posto».

Nella sua casa di Sesto Fiorentino, Martini si sta riprendendo dall'infortunio domestico che, un paio di mesi fa, gli ha causato la frattura di un malleolo. I medici gli hanno consigliato di muoversi il meno possibile ed è dunque improbabile che venerdì sera possa essere a Bergamo per la festa di Gimondi. «Non è ancora detta l'ultima parola - aggiunge - ma credo che finirò per dare retta ai medici. Pensateci voi a fargli i miei auguri».

Ci sarà senz'altro, invece, Francesco Moser, che di Gimondi aveva ereditato la fiaccola di miglior corridore italiano, dopo essergli stato per alcuni anni accanito rivale. «Quando sono passato professionista, nel 1973 - dice il trentino - ho trovato il terreno presidiato da campioni straordinari: Merckx, Gimondi, De Vlaeminck, Motta, Dancelli. E l'anno dopo è arrivato anche Baronchelli. Per ritagliarmi uno spazio ho dovuto fare la guerra con tutti e, in Italia, particolarmente con Gimondi. Io ai suoi occhi ero il giovane rampante che veniva a erodergli il terreno, lui ai miei occhi era il grande campione che si opponeva alla mia crescita di popolarità».

«I primi anni furono battaglie memorabili: io con l'esuberanza dei vent'anni, lui con la sua straordinaria longevità atletica e la sua grinta fuori del comune. In quel 1973 Gimondi conquistò il titolo mondiale, l'anno dopo trionfò in maglia iridata alla Milano-Sanremo. Il Giro d'Italia del 1976 fu un testa a testa fra noi due, con De Muynck terzo incomodo. Ricordo che conquistai la maglia rosa nella cronometro di Ostuni, dove Felice mi tenne testa e perse soltanto 7". Poi, il giorno dopo me la tolse a Lago Laceno e da lì spiccò il volo per conquistare, a 34 anni, il suo terzo Giro d'Italia».

Attaccate le bici al chiodo, Moser e Gimondi hanno smussato gli spigoli, fino a diventare amici. Si stimano reciprocamente. «Quando parlo con lui - dice Moser - gli dico sempre che sarebbe la guida ideale della Federazione. E lui pensa lo stesso di me. Ma poi, entrambi, ci convinciamo che non sarebbe il nostro posto: troppa politica per gente schietta come noi».

Ildo Serantoni

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