Campioni del rugby a Stezzano
Folla per Favaro e Bergamasco

Un bagno di folla ha salutato i campioni della palla ovale, i nazionali di rugby Simone Favaro e Mirco Bergamasco, ospiti all'Adidas Store del centro commerciale «Le Due Torri» di Stezzano. I due rugbisti sono stati accolti da moltissimi ragazzini.

Un bagno di folla ha salutato i campioni della palla ovale, i nazionali di rugby Simone Favaro e Mirco Bergamasco, ospiti all'Adidas Store del centro commerciale «Le Due Torri» di Stezzano. I due rugbisti sono stati accolti da moltissimi ragazzini delle squadre della provincia ed hanno ricevuto il loro abbraccio oltre alle loro domande interessate.

Prima del saluto finale nel centro commerciale stezzanese Bergamasco e Favaro hanno risposto alle richieste d'autografo dei piccoli fan. «Bisogna fare respirare ai bambini il valore di questo sport e noi siamo accessibili a tutti - ha affermato il 30enne Mirco Bergamasco, in attesa di capire in quale squadra giocherà nella prossima stagione -. Dopo l'infortunio sto bene e da qua a fine giugno sarò abile e arruolato per iniziare la nuova stagione. Non so ancora dove, non ho proposte concrete: non c'è al momento interesse per me in Italia».

«Mi hanno chiesto di giocare ancora all'estero e abbandonare la Nazionale, ma al momento non sono intenzionato a farlo. Il movimento gira, ci sono tante mamme che portano i bambini a giocare a rugby: sta a noi continuare a trasmettere questa voglia e ogni anno c'è sempre più gente, visto che l'Olimpico per la Nazionale sta diventando piccolo. Piccole realtà come Bergamo crescono e possono fare grandi cose, se poi tutti ci mettiamo insieme potrà andare ancora meglio. Servono divertimento e passione, come in ogni sport, per poter emergere».

Di Nazionale, fresca da una sconfitta contro il Sud Africa, ha parlato il più piccolo dei due, Simone Favaro, classe 1988. «Non dobbiamo smettere di migliorarci. Abbiamo ottenuto il risultato migliore nel Sei Nazioni, adesso ci aspetta il Samoa e non vedo l'ora di batterli. E' un piacere essere qua, mi rivedo come ero 10-15 anni fa in questi bambini. Il nostro è uno sport umano: è il paragone della vita, gioie, dolori e sofferenza che si ritrovano sul campo».
Simone Masper

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