Doni: «Percassi mi ha convinto
Giocherò ancora per un anno»

«Sono entrato nello studio di Percassi che mi sentivo un ex calciatore, sono uscito un'ora dopo con una voglia incredibile di ricominciare. È stato come rigenerarmi, non potevo dire di no». Cristiano Doni è in vacanza nella sua seconda casa (la prima resta Bergamo...), a Cervia, ma con la testa è come se fosse già in ritiro. Al suo bagno, «I figli dei fiori», si alternano in visita compagni, avversari, amici. E con tutti si parla di calcio, di mondiali, soprattutto della nuova Atalanta. «È incredibile l'interesse che circonda l'arrivo di Percassi. E ho avuto il piacere di provare personalmente cosa significa avere a che fare con lui».

Ci dica
«Subito dopo il passaggio di proprietà il presidente mi ha chiamato per sapere cosa pensavo, e mi ha praticamente imposto di continuare a giocare. Mi ha detto di un contratto biennale, uno obbligatoriamente da giocatore...».

Obbligatoriamente da giocatore?
«Sì, non mi ha chiesto se me la sentivo, Percassi mi ha detto: "Cristiano Doni gioca e basta". Mi sono sentito lusingato, coinvolto in un programma. Mi sono sentito "ascoltato". Come fai a dire di no».

È vero che lei ha chiesto di poter firmare in bianco?
«Beh... è vero... ma non lo dovrei dire io... Alla mia età è facile, l'Atalanta e Bergamo le considero scelte definitive...».

Poi al secondo anno farà il dirigente?
«Sì, l'accordo è più o meno questo. Credo di aver maturato tanta esperienza, immagino di poter dare un contributo all'Atalanta, si tratterà di definire il ruolo».

Escludiamo quello di addetto all'arbitro...
«Ah, ah. No, quello no... Ma l'anno prossimo miglioro. Davvero...».

Come no: in B si perderà poco...
«La questione è un'altra. Credo mi sia servita tantissimo l'esperienza di Parma».

L'espulsione con tre giornate di squalifica del marzo scorso?
«Esatto. Dopo quell'episodio a tante critiche assolutamente comprensibili si sono unite cattiverie incredibili: Doni destabilizza, Doni qui, Doni là... Un giorno a Zingonia ho incrociato Mino Favini che vedendomi mogio mi ha portato in giro per i campi, a fare una chiacchierata...».

Grande Favini!
«Grande davvero. Prima mi ha strigliato per il mio comportamento, dicendomi chiaro che avevo sbagliato. Poi mi ha rasserenato con un concetto: chi ti conosce sa che hai sbagliato per troppo amore. "E il troppo amore si perdona sempre, quindi stai tranquillo", mi ha detto. Per questo so che migliorerò».

Giocando dove?
«Deciderà Colantuono».

Si dice sempre così. Ma a lei non piacerebbe fare...
«...no, il Pirlo no... me lo suggeriscono in tanti...».

Macché Pirlo! Ma se l'allenatore le chiedesse di fare il centravanti?
«Eh, ci proverei. Perché no, se servirà mi metterò a disposizione...».

Dopo che Vavassori aveva fatto di lei un esterno sinistro, Colantuono l'ha inventata trequartista dietro una punta. A Bergamo ha già iniziato due carriere nuove, magari a metà luglio ne comincia una terza...
«Vediamo, io sono a disposizione. Intanto sarà decisivo che la società riesca a fare quel che ha programmato».

Niente cessioni?
«L'Atalanta è formata da un gruppo solido e competitivo, confermarlo ci aiuterà tantissimo».

Ma lei è sicuro che i suoi compagni resteranno tutti?
«La società non vuole fare cessioni. Magari a qualcuno capiterà l'occasione della vita, e in tal caso capirei. Ma io credo che resteremo quasi tutti».

Bellini e Ferreira Pinto vanno a scadenza.
«Resteranno. Con Bellini ho parlato, è un patrimonio di Bergamo. Non si muoverà, è fondamentale con noi».

A volte capita che chi va in B e non cambia, alla lunga rischia parecchio. Non crede?
«No, abbiamo dei conti in sospeso, tutti vogliamo dimostrare che eravamo e che siamo una squadra da serie A».

E a motivarvi ci penserà Colantuono...
«Sicuro. Il mister sarà fondamentale. È schietto, ha carisma, è umile, è un lavoratore. Spesso è duro, ma va bene così. Però il mio è un giudizio di parte, prendetelo con le pinze. Perché Colantuono ha dato tantissimo a me e visti i risultati anche all'Atalanta. Peccato per l'epilogo, ma sono certo che chiarirà cos'è successo quando se n'è andato».

A proposito di allenatori, lo sa vero cosa dicono di lei e Conte?
«Certo, che gli ho fatto la guerra».

Non è vero?
«Non è vero. Io ho sempre detto, a qualsiasi allenatore: "Sono qui per aiutarvi, non sarò mai un problema, qualsiasi decisione prendiate". Chiedete a tutti: Colantuono, Del Neri, Gregucci, Conte, Mutti. Nessuno potrà negarlo, chi dice altro dice cazz...».

Eppure Conte di recente ha detto che quel giorno, a Livorno, "s'è rotto qualcosa"...
«Sì, ho letto, io non ho mai parlato ma se lui fa certe dichiarazioni allora anch'io dico la mia. Conte è arrivato a 48 ore dalla partita con il Catania, è entrato nello spogliatoio e ci ha detto: "Per 4-5 partite chiedo a voi di darmi tanto, tutto. Poi ci penso io". Ecco, già questo è un ragionamento strano per chi fa sport: ma quale allenatore conta più del 20/30%? Che vuol dire ci penso io?».

Magari a far danni...
«Sì, questo è un assist... Sta di fatto che per cinque partite non abbiamo perso, e giocavamo in modo normale, come sapevamo fare...».

Poi è arrivata la trasferta a Livorno.
«Lì non è vero che "si è rotto qualcosa", come ha detto Conte. A Livorno lui ha rotto qualcosa. Nell'intervallo mi ha attaccato violentemente, ha tenuto un comportamento incredibile... Io non porto rancore, dal giorno dopo ho lavorato come sempre, ma Conte era così categorico che nel giro di pochissimo tempo ha perso credibilità agli occhi di tutti. Se volete ve ne porto 15 di giocatori che, se fosse rimasto Conte, a gennaio avrebbero chiesto di essere ceduti».

Al momento però nessuno diceva niente.
«Non toccava ai giocatori decidere, noi cercavamo di fare quel che ci chiedeva l'allenatore. Ma Conte non si rendeva conto che quel gruppo non aveva le caratteristiche per proporre il suo calcio».

Gregucci?
«Mi è spiaciuto tantissimo per l'esonero, ma è chiaro che era stato scelto senza che godesse della fiducia necessaria. Dopo tre partite sfortunate e una non giocata non cambi l'allenatore, magari lo sostieni. E non lo cambi con Conte...».

Proprio non lo sopporta...
«Proprio lei, me lo dice... Comunque Conte magari diventerà il più bravo allenatore del mondo, ma è chiaro che l'abilità di un tecnico che subentra in corsa sta nello sfruttare le caratteristiche dei giocatori a sua disposizione. E lui questo non lo sa fare. Punto».

Poi Mutti.
«Persona sensata, conosceva l'ambiente e la squadra. Ci ha dato tranquillità e ha favorito la crescita dell'autostima. Con la sua media punti ci saremmo salvati. Ma era tardi e non è stato fortunato. È stata una retrocessione incredibile».

Le colpe della società?
«Lasciamo stare. Io devo tutto alla famiglia Ruggeri, sarò eternamente grato a tutti loro. Perché senza i Ruggeri non avrei scoperto Bergamo e l'Atalanta, non sarei tornato tre anni dopo essere andato via, non avrei scelto la città e la società in modo definitivo. La mia gratitudine sarà eterna. Ora la mia riconoscenza va a Percassi per avermi concesso questa nuova opportunità. Non lo deluderemo».
 Pietro Serina

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