Gasperini a L’Eco: «Prima la salvezza
Ma non è vietato parlare di Europa»

Arriva puntualissimo, come un suo difensore sui contrasti. Sguscia alle domande più insidiose, come un suo esterno d’attacco. Alza il sopracciglio ogni tanto, perché sarà anche la sua prima visita a L’Eco di Bergamo, sarà anche il primo giorno della nuova stagione della sua Atalanta, ma poi il ghiaccio si rompe e la diplomazia resta in panchina.

Il benvenuto al mister lo dà il direttore, Alberto Ceresoli. Poi via alle domande, dalla Nazionale all’Atalanta, dalla sua vita fuori dal calcio al carattere spigoloso, fatte con i colleghi Pietro Serina, Stefano Serpellini e Matteo Spini e con Matteo De Sanctis di Bergamo Tv.

Mister, prendiamola larga e partiamo dal calcio degli Europei. La Nazionale è già a casa: cosa ci lascia?

«Una cosa importante: sappiamo ancora una volta quanto conta la squadra. In altri tempi contavano i campioni che salvavano la patria, adesso no. Si diceva, sbagliando, che questa era una Nazionale con pochi valori, ma ha conquistato la gente con il valore della squadra».

Lei aveva fatto un pensierino alla Nazionale?

«Sì. Mi aveva chiamato Lippi, mettendomi tra i candidati insieme a Montella e Ventura. Chiaro che alla Nazionale non si dice no, ma in cuor mio non ho spinto perché accadesse: mi sento ancora di poter allenare una squadra di club».

Ma lei Zaza all’ultimo secondo l’avrebbe messo?

«Difficile dire. Certo, la palla non usciva più... Se non entrava, a quel punto, era meglio».

Ma Ventura cosa trova? La difesa è forte ma datata, il resto sente la mancanza di campioni.

«Non abbiamo talenti assoluti, ma ottimi calciatori. Ventura trova un buon patrimonio. Poi servono anche fortuna e capacità. In ogni caso il nostro calcio è competitivo».

Ma lei che ama il bel calcio, si è divertito con questi Europei?

«Non sono stati belli, no. Troppe partite, formula sbagliata».

Riavvolgiamo il nastro di Gian Piero Gasperini, fino al suo provino con la Juve, aveva 9 anni. Aveva già in testa il calcio o cullava chissà quali altri sogni?

«No, calcio, calcio. Nella mia generazione si giocava a calcio 5 ore al giorno, nei cortili e negli oratori. La mia nonna mi aveva regalato un paio di pattini a Natale: li ho scambiati per un pallone di cuoio».

Il Gasperini di oggi è cresciuto dopo quali tornanti fondamentali?

«La mia strada è piena di curve, ma solo nel calcio. Ho sempre vissuto nel calcio. Da giocatore, più che altro in B, poi allenando e battagliando tantissimo con l’Atalanta nei settori giovanili, poi dopo cinque anni di Primavera ho provato a cambiare strada andando a Crotone. Ho vinto e ho ricominciato a girare l’Italia in lungo e in largo. Sempre cercando di crescere».

Un incontro, una persona, una giornata che le ha cambiato la vita.

«Difficile dire. Tantissimi posti, tantissime persone ovunque in Italia. Io ho sempre avuto la valigia pronta. Difficile sceglierne una, dove ho vissuto mi sono sempre attaccato tanto, ho mantenuto legami forti. La mia strada non è un rettilineo, però sono sempre andato avanti. Dagli Esordienti alla Primavera, ho vinto la C per andare in B e ho vinto la B per andare in A. L’unico salto è stato quello dell’Inter, ma è durato poco, è stata una situazione molto pesante. E poi sono ripartito».

Ora vedremo l’Atalanta di Gasperini: ce la descriva con tre parole.

«Dicono che sono integralista, invece credo di saper essere molto vario. Non voglio subire, sto male se la palla ce l’hanno gli altri. Voglio attaccare. E infine la mia squadra deve sempre provare a vincere, contro tutti».

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