L’ultimo «volo» di Bepi Casari
Il ricordo di Elio Corbani

Grande portiere, grande personaggio, grande atalantino. Questo era Bepi Casari. Un gigante fra i pali non solo per il suo fisico straordinario, per i suoi eccellenti interventi. La sua stazza atletica era imponente, ma era in possesso anche di un’impressionante agilità.

Grande portiere, grande personaggio, grande atalantino. Questo era Bepi Casari. Un gigante fra i pali non solo per il suo fisico straordinario, per i suoi eccellenti interventi. La sua stazza atletica era imponente, ma era in possesso anche di un’impressionante agilità. Volava da un palo all’altro facendo rientrare nella normalità anche le parate più difficili, alcune delle quali di indubbia spettacolarità. Fargli gol dalla distanza era quasi impossibile. Ci provò anche il grande Valentino Mazzola nel dicembre dal 1947, mandando la palla all’incrocio dei pali con un tiro di rara potenza, ma lui, il Bepi, arrivò con la punta delle dita a deviare in angolo, consentendo all’Atalanta di conquistare, con la rete di Cinesino Salvi, una storica affermazione sul grande Torino. Era padrone dalla propria porta, ma padrone pure della propria area di rigore, perché lui gli avversari quasi li terrorizzava col fisico, ma anche con quel «meaaaa» che precedeva ogni sua uscita aerea. Nel calcio attuale i portieri ricorrono spesso alla deviazione, anche per non essere beffati dalle strane traiettorie che assumono i palloni moderni. Casari la palla la bloccava sempre o quasi. Con quelle manone poteva permetterselo.

È stato un degno erede di quel grande Carletto Ceresoli il famoso leone di Highbury che negli anni 30 era stato considerato uno dei primi cinque portieri del mondo. Aveva fatto del classico maglione girocollo grigio la sua maglia ufficiale e pretese di conservarla anche a Napoli, dove si trasferì nel 1950 dopo aver disputato 156 partite con l’Atalanta. In terra partenopea oltre alle sue brillanti prestazioni, era stato il suo carattere estroverso a conquistare i napoletani. La sua notorietà era tale che il gestore di un bar con annessa ricevitoria del Totocalcio (che ai tempi si chiamava Sisal) lo aveva ingaggiato per attirare il maggior numero di «scommettitori» offrendo loro una consulenza per la schedina.

Faceva parte del Casari personaggio. Gli aneddoti che si potrebbero raccontare sono tantissimi. Indimenticabile quell’episodio con Sentimenti IV, mitico portiere della Juventus negli anni 40, il quale dopo averlo battuto calciando un rigore (era infatti il rigorista bianconero) gli rivolse il gesto dell’ombrello.

Casari lo inseguì per tutto il campo, bloccato in extremis da compagni e avversari e naturalmente espulso.

Nel 1958 venne coinvolto nel famoso caso di illecito sportivo che condannò l’Atalanta alla retrocessione. Secondo l’accusa sarebbe stato lui a far da tramite con Azzini, suo ex compagno di squadra, per favorire il successo dell’Atalanta a Padova. Casari negò sempre ed infatti sia pure con un anno di ritardo la società neroazzurra venne «assolta per non aver commesso il fatto».

Era un grande appassionato di calcio ma soprattutto un innamorato dell’Atalanta. Ha frequentato lo stadio praticamente sino ad un paio di settimane fa. Sotto la tribuna d’onore, sulla sinistra guardando il campo, Casari c’era sempre, con quella serenità tipica di chi si diverte, è in pace con se stesso e con gli altri, compresi quelli che talvolta criticava bonariamente, in particolare i portieri.

Era sempre pronto alla battuta perché nonostante l’apparenza sempliciotta era intelligente e scaltro. Nel dicembre 2010 gli Amici gli hanno assegnato il Premio Bortolotti.

Su L’Eco in edicola giovedì 14 novembre due pagine per ricordare Bepi Casari

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