Sylla, dal dolore alla gioia
«Ho pensato, è finita qui»

La giocatrice della Foppa si confessa dopo le accuse di doping: «Impazzivo, era un’ingiustizia grande. Quanta cattiveria, a tanti toglierò il saluto. Mi ha aiutato un bel ragazzo. La Nazionale? Per la Cina mi darò malata»

Sorride, adesso, Miriam Sylla. La Cina, la carne contaminata, il clenbuterolo, le accuse di doping, le lacrime, la paura di una squalifica: è tutto dietro le spalle. E lei sorride. Non dimentica, perché è impossibile. Però guarda avanti, ora che, se non fosse per una spalla dolorante, potrebbe tornare in campo. E prende tutto, compresi infortunio e dolore, con una filosofia nuova. Si confessa al tavolino del bar del palazzetto, in manica corta nonostante l’arietta che fischia giù dalla Maresana.

Da zero a cento, quanto ha smaltito?

«Almeno cinquanta. Il fatto di poter tornare a giocare mi aiuta tanto. Certo, aspettavo la partita con Legnano, invece non sto bene. Però adesso so che posso tornare. Prima, un errore o una brutta partita sarebbero stati un disastro. Adesso so che almeno posso essere in campo a fare quell’errore. Avevo tanta rabbia dentro, ma so che se non fosse stata coinvolta anche la serba, probabilmente sarebbe andata molto peggio. Ho perso un’Europeo e ora ricomincio, sapendo che quest’anno dovrò dare molto di più che in passato».

Quanto è stata male?

«Mai stata così male. Mi sembrava impossibile da superare. Ho pensato: io ho finito qua».

Miriam, ma lei la ricorda quella cena maledetta?

«Perfettamente. Da giorni mangiavamo solo riso, tutte, perché il cibo faceva schifo. Ma alla fine non ce la facevamo più nemmeno ad allenarci. Anche i tecnici in una riunione apposita ci hanno detto: “Mangiate carne”».

Ed ecco la carne...

«Sì, spezzatino di vitello al vino rosso. La cosa migliore vista in cinque settimane di Cina».

Saranno contenti i cinesi. Buona, almeno?

«Buonissima. Tre piatti, e ho fatto anche la scarpetta».

Solo lei?

«Solo io così tanta. Ma l’ho consigliata a tutte, perché erano diffidenti. Alla fine in sei o sette ci abbiamo dato dentro. Sembrava buona, dopo tanti giorni di riso bollito. Però nei giorni precedenti non ci fidavamo a mangiarla, e io lo so che devo fidarmi solo di me stessa. Però era buona, alla fine».

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